
Non saprei se è una tesi controcorrente, perché forse potrebbe paradossalmente sorprendere qualche benpensante. Ovvero quel lettore massificato, educato così tanto al nuovo conformismo da ritenere che la famiglia sia ancora sempre e solo patriarcale e sede del dispotismo autoritario, ma il romanzo familiare è un luogo eminente del racconto e continuerà ad esserlo.
Per esempio la famiglia italiana e la sua costante trasformazione nel corso dei decenni è la matrice di forme importanti di narrazione, di testi in grado di cogliere, partendo dalla descrizione capillare degli affetti più intimi, il nodo che stringe assieme i destini individuali e le grandi scosse della storia sociale e collettiva.
Gli esiti e i modi possono essere molto diversi.
C'è chi lo fa con padronanza dei mezzi, stile e pudore necessario, come nel caso del lkibro di Sebastiano Mondadori Di cosa siamo capaci (La nave di Teseo). In precedenza l'autore aveva pubblicato un'importante biografia del nonno, l'editore Alberto Mondadori - Verità di famiglia. Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori (La nave di Teseo, 2022), dove era riuscito in una impresa complicata: tessere le fila del ritratto di una figura emblematica della propria famiglia e, nello stesso tempo, restituirci attraverso questo racconto il quadro di una vicenda culturale non priva di elementi toccanti e drammatici. Immagino che non sia stato facile scriverlo e lo stesso autore ha, giustamente, dichiarato di aver dovuto lungamente attendere per sentirsi pronto a cimentarsi con quella esperienza di scrittura così personale. Nello stesso tempo, però, si potrebbe aggiungere che Verità di famiglia sia alla base di questo nuovo lavoro di Mondadori. Si passa dal memoir alla fiction, ma c'è una continuità, perché anche in questo caso domina l'interesse per il racconto familiare.
Di cosa siamo capaci è un romanzo corposo, ma in grado di scorrere bene, perché è generoso nei confronti del lettore. Mentre lo si legge si avverte un consapevole senso della costruzione, una vera e propria regia. Sicuramente è un'opera ambiziosa, l'autore pretende un romanzo dal forte respiro, che metta in scena vicende generazionali, rapporti familiari, fatti cruciali dell'Italia Repubblicana. Mondadori elude però i toni convenzionali, lo scivolamento nei toni epici, l'abuso della memoria nostalgica, ma attinge a un immaginario visivo, cinematografico, talora godardiano (il regista francese è direttamente evocato nel racconto) che conferisce uno scatto leggero, una rapidità di scene, una qualità di montaggio all'incalzare degli avvenimenti. Il racconto procede per sequenze, che si alternano talora in modo parallelo, talora in modo analogico, spesso mantenendo una compiutezza formale in se stesse.
La vicenda si apre temporalmente il 12 dicembre 1969, cioè il giorno della strage di Piazza Fontana. La protagonista della prima parte del romanzo è Adele. Una figura femminile vivida, piena di colore, attratta magneticamente della vita. Mondadori descrive la sua educazione sentimentale, il menage à trois, che la spinge a innamorarsi contemporaneamente di due ragazzi, Bebo e Rudi (ancora una volta il cinema, stavolta il Truffaut di Jules et Jim, ma i riferimenti non si fermano qui). Non è pero solo il microcosmo amoroso, ma come se nel dettaglio privato di questa vicenda si riflettesse il corso della storia. L'esplosione libertaria di un Sessantotto ancora innocente, inconsapevole dello stragismo incombente, è una promessa vitalistica fatta alla gioventù italiana degli anni Sessanta.
Nella seconda parte l'azione si sposta di trent'anni più avanti. Siamo nel 1993, un altro momento di svolta e di cambiamento profondo della società italiana, e stavolta la protagonista è la figlia di Adele. Entra in gioco, perciò, la dimensione generazione e familiare, che grazie alla tecnica del romanzo viene illuminata di suggestioni, incroci, sovrapposizioni. Adesso è Nina a prendere il posto di Adele, a vivere la propria giovinezza e i propri errori. Siamo nell'epoca dei viaggi per l'Europa grazie all'invenzione dell'Interrail. Il tempo è, però, mutato, la stagione non è più eversiva. Il passato non è più possibile abbatterlo, anzi s'inserisce nella vita di Nina in modo tragico e sofferto. Mentre Nina vaga per il Portogallo, in Italia siamo nel pieno di Tangentopoli e della nascita della cosiddetta Seconda repubblica.
Al di là della complessa e magmatica materia narrativa che il lettore scoprirà leggendo il romanzo vorrei sottolineare un aspetto generale del libro. La vita descritta da Mondadori è come sostenuta da una vocazione sperimentale, tesa verso, cioè, la messa alla prova di ciò di cui siamo capaci. Il mezzo principale di questa vocazione sono i corpi, la loro fisicità e i desideri pulsanti che li abitano.
Attraverso una ricerca di costruzione Mondadori ci presenta le due giovinezze di Adele e di Nina come a formare un arco e una tensione dialettica. Mentre in Adele la presa di consapevolezza di sé mostra una linea ascendente, nel caso di Nina ci troviamo di fronte a delle sensazioni più oscure e più fragili. Tanto è prepotente lo slancio dell'epoca sessantottina, tanto sembra più fragile e spezzata la giovinezza e il desiderio nel mondo che man mano si avvicina al nostro.
Questo capovolgimento, anche un po' amaro, pare suggerire che mentre Adele può conquistare la propria emancipazione attraverso la sfrontatezza e l'immediatezza, al contrario il mondo che segue, il mondo di Nina, è un'epoca disillusa, faticosa, paralizzata dalle proprie contraddizioni profonde.
Ecco cosa il romanzo familiare di Mondadori ci consente di capire sulla trasformazione storica dei ruoli. La generazione sessantottina pretendeva di liberarsi in modo quasi libidinale di tutto ciò che ne conteneva lo slancio di vita, tranne poi ardere fino a bruciare tutto in un incendio spaventoso perfino di violenza.
Al contrario il mondo che ne raccoglie il testimone, i figli di quella generazione, sono di fronte anche alla cenere. Sono diventati vulnerabili, fragili, riluttanti verso la stessa libertà.E adesso di cosa saremo di nuovo capaci?