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Un viaggio nel futuro per difendere il diritto a essere liberi dai dittatori del bello

Il film, disponibile su Netflix, prende di petto molti dei dettami livellatori della cultura "woke". Non sarà un capolavoro ma fa pensare i giovani

Un viaggio nel futuro per difendere il diritto a essere liberi dai dittatori del bello
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Se c'è un'ossessione della modernità è quella della bellezza, della perfezione fisica. Una perfezione fisica che però deve essere anche omologante, eliminare le differenze, trasformare tutto in qualcosa di perfettamente digeribile da tutti. È il cuore della cultura woke dove l'altro è sempre accettabile perché l'altro, esattamente come noi, è stato modellato per non avere più spigoli. Se c'è un'altra ossessione della modernità è quella di un'energia pulita a tutti i costi, il che è anche comprensibile, ma soprattutto di un'energia che risponda anche ad un certo canone estetico della natura vista come giardino dell'eden. Città artificiali e green piene di gente uguale e perfetta, energia profumata prodotta con candida bellezza.

Entrambi questi temi sono il filo culturale che viene intessuto nella trama del nuovo film di Netflix intitolato Uglies. Si tratta di una pellicola pensata per un pubblico young-adult che racconta un futuro altamente distopico.

Ecco i fatti narrati ridotti all'osso, per quanto un osso chirurgicamente modificato. In un futuro dove gli umani se le sono date di santa ragione per contendersi le risorse energetiche, l'umanità sembra aver svoltato definitivamente verso la pace. Prima gli scienziati hanno creato una pianta capace di immagazzinare ad altissima efficienza l'energia solare; poi, quando l'umanità è entrata in un bengodi dove più o meno tutto è realizzabile, hanno provveduto a creare una sorta di intervento che trasforma tutti nella versione perfezionata di se stessi, senza sbavature. Quando i ragazzi compiono 16 anni escono dai collegi dove crescono e vengono sottoposti a questo cambio delle meraviglie per accedere ad una vita perfetta e felice. Ovviamente gli Uglies (brutti) del titolo non desiderano altro che compiere questo memorabile passaggio verso la festa eterna che caratterizza un mondo deresponsabilizzato e appiattito nel divertimento.

La bruttina Tally (interpretata dalla 25enne Joey King che fortunatamente l'aria dell'adolescente ce l'ha) ovviamente però scopre che non sono tutte rose ecologiche quelle che fioriscono in questo mondo dove tutto è sorvegliato da una casta tecnocratico-medica. Il suo amico che viene trasformato sembra un'altra persona, anche spiritualmente parlando. Tra i ragazzi circolano voci su chi rifiuta l'intervento e scappa in una comunità nei boschi dove si vuol vivere e invecchiare alla vecchia maniera. E ovviamente anche Tally finirà per darsi alla grande fuga... Per scoprire che forse il vecchio mondo meno pulito e meno perfetto aveva qualcosina da offrire: tipo la libertà e il fatto di non venir lobotomizzati in cambio di un elegante paio di occhi color oro e un naso perfetto.

Non scendiamo troppo nei dettagli di trama, che ovviamente è caratterizzata da uno scontro tra gli umanissimi ribelli dei boschi e gli apollinei cyborg della megalopoli. Basti dire che la pellicola ha un pregio: mettere in discussione il diktat del politicamente corretto e dell'omologazione. Certo, si inserisce in un preciso genere narrativo, che spazia da Hunger Games a Divergent passando per Maze Runner. E, indubbiamente, è afflitta da una certa faciloneria nella caratterizzazione dei personaggi e nel ricorrere continuamente ai più banali deus ex machina per far marciare la narrazione. Però si porta dietro un bel po' di idee libertarie che delle riflessioni nei giovani le possono anche indurre.

Ad esempio c'è un vecchio libro che i giovani ribelli si passano tra di loro: è Walden ovvero Vita nei boschi del filosofo statunitense Henry David Thoreau (1817 -1862). La citazione è tutt'altro che ingenua. È una delle pietre miliari del pensiero libertario americano. Una libertà individualistica e quasi anarchica che parte dallo spiritualismo di Ralph Waldo Emerson per virarlo verso l'immanenza. Nella povertà e nei boschi, l'uomo secondo Thoreau poteva imparare a diventare padrone del proprio destino. Proprio quello che provano a fare i ragazzi fuggitivi del film, per difendere il diritto molto umano a non essere omologati. Insomma se i prodotti Netflix spesso del bilancino della cultura woke sono vittime, in questo caso la narrazione è un po' diversa.

Il film, diretto da Joseph McGinty Nichol e tratto da uno dei romanzi di Scott Westerfeld, ha la sua brava spruzzata di ecologia, rispetta tutti i criteri per l'inclusione delle minoranze ma mette in discussione alcune delle idee della cultura dominante e lo fa ripescando anche dei classici del pensiero libertario. Non è poco, nonostante le ingenuità narrative che abbiamo ricordato prima.

Prova a declinare per il XXI secolo una delle lezioni di Thoreau: «Non c'è odore più cattivo di quello emanato dalla bontà corrotta: è l'umana e divina carogna che lo produce. Se sapessi con sicurezza che un uomo sta venendo da me per farmi del bene, correrei a mettermi in salvo...». I protagonisti del film lo fanno.

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