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Viaggio nelle chat dell'Isis

In pochi minuti abbiamo raggiunto imam dell'Isis dall'altra parte del mondo. Basta rispettare alcune regole

Viaggio nelle chat dell'Isis

Internet, si sa, è lo strumento cardine utilizzato dall’Isis per fare propaganda. Milioni di account incontrollabili, o almeno così sembra, ogni giorno pubblicano immagini e video di esecuzioni, addestramenti e attività quotidiane del califfato nero. Youtube, Twitter, Facebook, questi sono i canali principali attraverso i quali i musulmani vengono (ri)chiamati al Jihad, al martirio, alla via mistica…

Me si gli imam a parlare sono dall’altra parte del mondo? Qual è lo strumento per comunicare in diretta con gli ‘Ulama (dotti religiosi) avendo così la possibilità di colloquiare direttamente con loro? La soluzione c’è e sembra essere quella per milioni di musulmani nel mondo. PalTalk per molti non sarà un nome nuovo: si tratta di un portale on line in cui trovano spazio migliaia di chat, tutte divise per argomenti. Si va dal sesso, ovviamente primo nella lista, allo sport fino agli argomenti più seri come politica e religione. A loro volta queste categorie vengono inserite in sotto insiemi divisi per zone geografiche: America, Europa, Asia, fino a zone più specifiche come Medio Oriente. Quest’ultimo a sua volta viene diviso per paesi, ovviamente quasi tutti arabi. E’ qui in effetti che si annidano decine e decine di chat il cui unico argomento è la religione e specificatamente l’Islam. Può l’Isis e le altre sigle della galassia jihadista rinunciare ad uno strumento così potente? Certamente no. Basta eseguire una semplice registrazione al sito, scegliersi un nickname, nel nostro caso Ahmed Itali (Ahmed Italiano) aprire una chat e prendere parte alla “conversazione” in corso. Noi scegliamo ovviamente subito quella che fa al caso nostro: "Ansar Dawlat Al Khilafah Al Islamiyah", che tradotto letteralmente significa “gli ausiliari (dello Stato) del Califfato Islamico”. Il titolo non lascia spazio per tergiversare in strane interpretazioni. Entriamo senza pensarci due volte ed iniziamo a leggere e ad ascoltare. La chat infatti permette ai visitatori di parlare ad un microfono, così da conversare in maniera più diretta con gli altri utenti. A parlare nel nostro caso è un solo uomo. Discute di regole ed interpretazioni islamiche. Ne ha per tutti: ebrei, cristiani, ma anche sciiti e americani. Il messaggio è chiaro dopo pochi minuti di ascolto, ci accorgiamo infatti subito che la parola più ricorrente è Haram (peccato). Chiediamo di intervenire, ma il diritto di parola ci viene subito negato. Insistere è inutile, anzi è controproducente, più di una volta veniamo invitati al silenzio, pena essere buttati fuori. Ascoltiamo con pazienza quello che è un vero e proprio sermone; una replica a tratti di quello ormai storico di Abu Bakr Al-Baghdadi: “Lo Stato Islamico è ormai insediato. Questa è una chiamata ai musulmani di tutto il mondo” e ancora “non ci sono scuse per nessun musulmano, la hijra (migrazione) verso lo Stato Islamico vale per tutti”. Tutti ascoltano in silenzio, nessuna replica o domanda non pertinente, nessuna critica. L’interpretazione è una soltanto, ed è quella del “nostro Califfo Abu Bakr Al-Baghdadi. Unico erede del nostro profeta Muhammad”.

La discussione continua e noi rimaniamo in ascolto per più di un’ora, ma poi decidiamo di cambiare chat per provare a prendere la parola da un’altra parte. Pensiamo che forse questi canali sono comuni soltanto in medio oriente, così cambiamo area geografica. Scegliamo il Marocco, paese considerato laico dal mondo occidentale. Re Muhammad VI è visto come uno dei migliori alleati in Nord Africa. Le recenti riforme del codice della famiglia e quelle costituzionali sono state presentate all’Europa come il segno che l’aria che tira a Rabat è cambiata. La lotta al terrorismo è una cosa che sembrerebbe essere presa sul serio dal Governo marocchino, soprattutto dopo gli attentati di Casablanca e Marrakech. Ed in effetti a passeggiare per le vie di Essaouira e Fes battutissime da migliaia di turisti, non si direbbe affatto che il Marocco è invece uno dei paesi a fornire più foreign fighters al mondo. Entriamo in una chat il cui nome è “Ansar Did Al-Shi’a”, che significa “Ausiliari contro gli Sciiti”. Anche qui il meccanismo è lo stesso. A parlare è quella che dal gruppo viene riconosciuta come una guida spirituale: “gli sciiti e l’Iran sono i vostri nemici. Al-Dawlat Al-Khilafa (lo Stato Islamico) è la casa naturale di ogni musulmano.” In questo caso riusciamo ad intervenire. Ci viene attivato il microfono e finalmente dato il permesso di parlare. Chiediamo qual è la soluzione per un musulmano che si trova a vivere tra i Kuffar (infedeli) in Europa. A sorprenderci non è la risposta in sé, che è sempre la solita (emigrare in Siria o in Iraq), ma è la semplicità con cui è possibile colloquiare liberamente con gli Imam legati allo Stato Islamico, standosene comodamente seduti in ufficio a Milano. Chiunque può mettersi in contatto con questo mondo. Non ci sono controlli, né divieti. Non c’è bisogno di fornire alcuna identità, è sufficiente inventarsene una. Non c’è nessun filtro rispetto agli argomenti, qui si può parlare liberamente utilizzando il gergo che è proprio dell’estremismo islamico.

Qui nessuno ti impedisce di “essere te stesso”, anche sei sei un tagliatore di gole.

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