Cronaca locale

Viaggio sotto le arcate della ferrovia fra insegne sbiadite e atmosfere noir

Via Ferrante Aporti e Sammartini celano un angolo suggestivo della città, custode della sua memoria

«Più che a Milano qui sembra di essere a Napoli o in qualunque angiporto del Mediterraneo». Lo dice Carlo Castellaneta a proposito dei fondachi ricavati nel 1931 dentro le arcate che sostengono la ferrovia e che si trovano nelle vie Ferrante Aporti e Sammartini. Il susseguirsi di saracinesche rugginose, di muri scrostati e anneriti dallo smog, di vecchie insegne ormai illeggibili conferiscono un’atmosfera levantina a questa porzione di Milano, oggi in stato di semiabbandono anche se tutelata dalla sovrintendenza per i beni architettonici.
In 77 anni di vita, questi magazzini in stile floreal-ferroviario hanno visto gli inquilini più diversi: carrozzieri, gommisti, qualche bottega artigiana, un deposito di acque minerali e il sospetto, negli anni Novanta, che in questo «ventre di Milano» potesse nascondersi anche una centrale di smistamento di auto rubate di grossa cilindrata. In realtà, c’erano soprattutto ristoranti e rivenditori di pesce grazie alla vicinanza del mercato ittico che sorgeva proprio in via Sammartini prima del trasferimento, otto anni fa, in via Lombroso.
Camminare da piazza Luigi di Savoia lungo la massicciata di Ferrante Aporti è un piccolo viaggio nella memoria: al numero 17 c’era fino a qualche anno fa uno dei negozi più originali di Milano. Oggi di «Pirola e Passerini - Imballaggi industriali» è rimasta solo l’insegna. Qui si vendevano scatole e scatoloni in cartone di ogni forma e misura, compresi quelli per le spedizioni marittime. Invece al numero 35, un cartello avvisa che la pescheria «Centro Ittico» si è trasferita in via Martiri Oscuri, 19, sempre nelle vicinanze «ma distante - dice il titolare, Mimmo Di Leo - anni luce da quel grotto di 320 metri quadri sotto la ferrovia». Il signor Di Leo oggi gestisce un elegante bar ristorante dove è sempre il pesce a farla da padrone. Ma a parlare del suo vecchio fondaco in Ferrante Aporti, gli prende la nostalgia: «Invece di rinnovarmi il contratto d’affitto - dice - mi hanno buttato fuori quattro anni fa. Molti altri magazzini sono vuoti da sette, otto anni e le poche attività che resistono sono anch’esse a rischio sfratto».
In effetti è da tempo che la Grandi stazioni, la Spa del gruppo Ferrovie dello Stato nata per la riqualificazione dei maggiori scali italiani, ha nel cassetto un progetto di valorizzazione di queste aree. Forse proprio il prossimo anno partirà il piano di sviluppo per i 35mila metri quadrati dei vetusti magazzini. «E a ogni buon conto - puntualizzano a Roma - molti affitti non sono più stati rinnovati perché si era in presenza di morosità, fallimenti e sequestri disposti dall’autorità giudiziaria». Dunque è roseo il futuro che attende il «ventre ruggine di Milano»: centri commerciali, passeggiate ciclopedonali, giardini, vetrine griffate e spazi culturali faranno probabilmente da cornice al museo della Shoah che sorgerà proprio in via Aporti.
Per più di un architetto sarebbe un vero peccato se andasse persa del tutto l’atmosfera sgarruppata e un po’ losca di questa parte di città che farebbe invidia a un autore di romanzi gialli. Qui Milano si alza guardinga il bavero del trench e fa ancora un balzo all’indietro. All’altezza del civico 49 si riesce sì e no a leggere l’insegna «Cortesina Enrico - Vini in recipienti chiusi»; al 53 un cartello proclama speranzoso un «Affittasi laboratorio mq 150», mentre tra il 71 e il 73 resistono un piccolo hard discount e un negozio di alimentari surgelati. Entrambi sono accanto a quella che, secondo un cartello ancora ben leggibile, fu la «Centrale ortofrutticola - Vendita diretta al pubblico - Dettaglio e ingrosso». Infine un’insegna davvero desueta «Oleria Toscana», ubicata al civico 83, ci accompagna verso l’ultimo tunnel che sbuca in via Sammartini, dall’altra parte della massicciata, dove si ha una veduta davvero panoramica del lato Nord del Pirellone che sembra campeggiare in mezzo alla strada. Qui c’è più vita perché alcuni fondachi sono ancora in attività. Tra questi un «Mercato del pesce» aperto dal martedì al venerdì che serve ristoranti, grossisti e semplici cittadini in vena di risparmi (fino al 20 per cento in meno).
Ma ci sono anche gli ultimi brandelli di un passato che non esiste più. Uno è l’imbocco di un tunnel con la via Luciano Zuccoli. Nel 1960 fece da sfondo ad alcune indimenticabili scene dell’«Audace colpo dei soliti ignoti» di Nanni Loy. L’altro è l’ultimo fondaco prima dell’inizio dei magazzini Fs ed è al civico 58. Nella sua insegna che sovrasta la saracinesca arrugginita c’è ancora scritto «Sporting club Franco Festucci–Boxe–Judo–Ginnastica–Sauna». Una vera sorpresa: Festucci fu, nei Cinquanta, un peso medio considerato l’erede legittimo di Tiberio Mitri. Ma a causa delle troppe avventure galanti non ebbe una lunga carriera pugilistica.

L’insegna sgangherata di via Sammartini è lì per ricordare anche lui.

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