Il viale del tramonto dei coniugi Clinton

Pochi mesi fa Hillary sembrava invincibile: adesso la sua resa ha messo fine a un’epoca. L'ex first lady è stata sconfitta da troppi errori. E da una presunzione senza fine

Il viale del tramonto  
dei coniugi Clinton

Bella non lo è mai stata, ma intelligente, ambiziosa, ricca sì. Terribilmente ambiziosa. Dicono le malelingue che in realtà il matrimonio con Bill non sia mai stato d’amore, ma solo d’interesse, con un obiettivo: la Casa Bianca. Lui ce l’ha fatta, nel 1992 per ben otto anni. Ora sarebbe stato il suo turno a ruoli invertiti: la first lady che diventa presidente, lui che accetta il ruolo di primo marito. Che storia e che coppia, più forte degli scandali finanziari e soprattutto di quelli sessuali, vedi alla voce Monica Lewinski, la stagista dalle labbra di fuoco che portò Bill sull’orlo dell’impeachment.

Un anno fa il lieto fine sembrava scontato: Hillary stracciava tutti nei sondaggi per le primarie democratiche e sedeva su una montagna di dollari, generosamente elargiti dai tanti sponsor che vedevano in lei una sicura vincente. Il dubbio non era se potesse ottenere la nomination, ma se il partito repubblicano fosse in grado di trovare un candidato in grado di contrastarla.
E invece ora la Clinton è costretta a organizzare riunioni notturne per trattare i dettagli della resa con Barack Obama, l’afroamericano, che si è dimostrato più forte e più bravo di lei. Nemmeno una nomina a vicepresidente, peraltro sempre più remota, servirebbe a lenire una sconfitta che rischia di essere esistenziale. Certo, se Obama dovesse perdere il duello con McCain, Hillary potrebbe riprovarci nel 2012; ma si tratta di un’ipotesi, al momento, da fantapolitica.

I Clinton, amati da alcuni, odiati da altri, ammirati da molti, rimpianti dalla maggior parte degli americani. Bill Clinton ancora oggi è ricordato come un buon presidente. Lo fu davvero? In politica estera non seppe sviluppare un disegno strategico coerente e anche sul piano interno non lasciò certo il segno. Ma fu fortunato a guidare il Paese negli anni del boom economico e di un’euforia borsistica che sembrava inesauribile e che diede a milioni di statunitensi l’illusione della ricchezza. Com’era felice l’America di Clinton. Felice e miope. Fu lui a spingere sull’acceleratore della globalizzazione industriale ma soprattutto finanziaria, che oggi, peraltro, si ritorce contro gli Stati Uniti.

Alle sue spalle Hillary. Che Bill avesse un debole per il gentil sesso, lei lo ha sempre saputo; ma quando, nel 1998, la relazione extraconiugale divenne di pubblico dominio, lei seppe intepretare il ruolo della moglie tradita: offesa e sconcertata dapprima, poi capace di perdonare e di rimanere al fianco del marito, nell’interesse della figlia e nel rispetto di un valore assoluto, quello della famiglia. Il progetto di una sua candidatura alla Casa Bianca nacque in quel periodo. Hillary strinse un patto con il marito fedifrago: il perdono in cambio dell’avvio di una folgorante carriera politica. Il piano prevedeva la conquista di un posto al Senato, ottenuto facilmente nel 2000 e confermato trionfalmente nel 2004. In quegli anni l’ex first lady si trasformò in un leader politico rispettato e ormai esperto, a cui lui apriva le porte negli uffici che contano a Washington, a Wall Street, nel mondo.

Hillary in otto anni è riuscita a vivere di luce propria: algida, calcolatrice e per questo poco simpatica, ma affidabile e preparata. Il matrimonio con Bill è stato redditizio anche dal punto di vista economico: dal 2000 assieme hanno accumulato redditi per 100 milioni di dollari e un patrimonio di 50. Potenti e milionari. Con un grande passato e un radioso avvenire. Bill decise di intraprendere la carriera politica dopo aver stretto la mano, da studente, a John Fitzgerald Kennedy, il suo mito. Hillary doveva passare alla storia come prima donna a diventare presidente degli Stati Uniti.
E invece è rimasta vittima della propria supponenza. Obama è stato strepitoso, ma la sua ascesa è stata facilitata dai troppi errori commessi da lei, a cominciare da quel maledetto agosto 2007, quando uno dei suoi principali finanziatori, il «cinese» Norman Hsu fu arrestato per frode e Hillary restituì precipitosamente gli 850mila dollari ricevuti. In ottobre, prese sottogamba il primo dibattito tra i candidati democratici, durante il quale, invece, Obama brillò e iniziò a crescere.

Poi altri sbagli: uno stratega discusso, Mark Penn, che anziché renderla più umana ed empatica, le consigliò di mostrarsi energica, quasi mascolina. Una campagna sbagliata nei toni e nelle strategie, sanzionata, già a gennaio, dagli elettori dell’Iowa. Per cinque lunghissimi mesi è costretta a rincorrere, con le buone e con le cattive. Insinuazioni, veleni, fango.

Irriducibile, ma alla lunga inopportuna. L’ostinazione con cui ha rifiutato di riconoscere la sconfitta, ha esaltato il lato peggiore del suo carattere. Pessima perdente, Hillary. Con lei tramonta il mito dei Clinton.
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