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Un video sconvolge gli Usa: strage premeditata

Filmato testamento del killer: «Mi avete messo all’angolo, la decisione è vostra. Ora avete le mani sporche di sangue. Morirò come Cristo»

Non è stato un raptus. Non si è trattato di uno scatto improvviso. Il massacro di lunedì mattina a Blacksburg, nel campus dell’università Virginia Tech, in cui sono state assassinate 32 persone, è figlio di un odio covato a lungo, di una rabbia repressa per troppo tempo, di un disgusto giunto ormai al livello di guardia. E soprattutto di un disegno folle, ma preciso fin nei minimi particolari. Ora c’è la prova: il filmato girato da Cho Seng Hui, il 23enne di origine sud-coreana che ha commesso la più spaventosa strage collettiva della recente storia d’America, filmato arrivato ieri con la posta alla redazione newyorkese del network Nbc (che l’ha messo in onda non senza suscitare polemiche), è al tempo stesso un delirante «testamento» e la testimonianza inoppugnabile che quell’ecatombe era stata da lui studiata in ogni fase a tavolino.
Seguendo infatti il percorso fatto dal plico con il filmato, è emersa una circostanza sconvolgente: alle 9.01 di lunedì mattina, ovvero ben due ore dopo aver aperto per la prima volta il fuoco in un dormitorio (uccidendo Emily Hilscher, 19 anni, e Ryan Clark, 22), nonché due ore dopo il primo allarme per la sparatoria, Cho è uscito indisturbato dal campus in automobile e si è recato all’ufficio postale di Blacksburg, da dove ha spedito alla Nbc quel plico contenente 27 spezzoni filmati, 43 fotografie e un testo di 1.800 parole. Poi è rientrato alla Virginia Tech portando a termine la seconda e più sanguinosa fase del suo piano, come confermato dal nuovo allarme, scattato alle 9.45. Compiuta la strage, si è tolto la vita. Cho, la cui famiglia emigrò in America nel ’92, quando lui aveva nove anni, ha lasciato parole e immagini da brivido. «Non sono stato costretto a farlo, avrei potuto andarmene, avrei potuto scappare. Ma no, non scapperò più», ha lasciato detto fissando la telecamera con occhi allucinati e alternando di volta in volta una maschera contratta, da duro, e inquietanti sorrisi. «Sapete cosa significa essere torturati? Sapete cosa significa essere umiliati? Avevate cento miliardi di possibilità e modi per evitare una giornata come quella di oggi. Mi avete messo all’angolo e lasciato con un’unica opzione. La decisione è stata vostra. Ora avete le mani sporche di sangue», ha gridato ancora alla telecamera il giovane assassino. Parole e immagini che mettono gli Usa sotto choc.
Lo studente coreano, nel prendersela con i ricchi, gli arroganti e l’edonismo imperante, ha citato come «martiri» Eric e Dylan, i due autori della strage nel liceo di Columbine, nel ’99, da cui fu tratto un film del regista Michael Moore. «Grazie a voi morirò come Gesù Cristo per ispirare intere generazioni di gente debole e indifesa - prosegue il monologo, dove si mescolano minacce e confusi concetti a sfondo religioso -. Quando è stato il momento l’ho fatto. Dovevo farlo».
Non meno inquietanti del filmato sono le 43 fotografie allegate, tutte apparentemente fatte con l’autoscatto (anche se la polizia non scarta l’ipotesi che il ragazzo possa aver avuto un complice) e in cui Cho si è ritratto in diverse pose: mentre punta verso un immaginario nemico la canna di una pistola o la lama di un coltello; mentre si appoggia l’arma alla tempia o si preme il coltello sul collo; o ancora, mentre in una tragica imitazione di Rambo posa spavaldamente a gambe e braccia aperte, stringendo una pistola in entrambe le mani.
In un’altra immagine, come tutte ora all’esame dei periti psichiatrici, il pluriomicida finge di percuotersi il capo con un martello. Posa che secondo gli esperti potrebbe essere una «citazione» del film Old Boy, cruenta pellicola coreana che nel 2004 vinse il gran premio della giuria al Festival di Cannes. Citazione o no, è emerso un altro fatto preoccupante: un insegnante aveva denunciato alla polizia i comportamenti anormali del giovane, che era stato poi interrogato per avere molestato due ragazze. Non solo. Nel dicembre 2005 Cho venne ricoverato in una clinica psichiatrica e in quell’occasione il giudice aveva dichiarato che lo studente coreano avrebbe potuto essere pericoloso per sé e per gli altri.

Infatti.

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