Tony Damascelli
Lex calciatore di Prato, Torino, Pisa, Ravenna, Venezia, Atalanta, Juventus, Atletico Madrid, Lazio, Inter, Milan, Monaco, lex cannoniere di 183 gol in cinque campionati, lex alunno discolo con novanta giorni consecutivi di assenza in una scuola australiana, lex mostro di Sydney, almeno per i vicini di casa, lex peste per mamma Nathalie e papà Bobo, lex lanciatore dalla finestra del fratello Massimiliano, lex spiato dai furbastri e furbettini della Telecom, lex amore di Erika, la prima fiamma, o della Canalis e di altre metà di mille tra le ultime ma non ultimissime, lex centravanti della nazionale azzurra, lex candidato misterioso allIsola dei Famosi, lex vincitore di 1 scudetto, 1 supercoppa, 1 coppa Intercontinentale, 1 coppa Italia e 1 coppa delle Coppe, lex di tutte queste cose qui, da ieri è anche lex centravanti della Sampdoria. Un reduce, insomma. Christian Vieri, per la cronaca di lui si tenta di raccontare, perché in verità poco ci sarebbe da dire e molto da ridire su un talento sprecato, su un calciatore smarritosi per i suoi limiti caratteriali, tra umori sghembi e un senso delleducazione assai improbabile.
Mutuando certe frasi ormai storiche di Guido Rossi, commissario straordinario, in molti sensi ahimé, della federcalcio («Donadoni giovane? Due presidenti degli Stati Uniti avevano la sua età») si potrebbe sostenere che altre figure illustri della storia delluomo a trentatré anni, come Vieri Christian oggi, scrissero pagine importanti. Ma non è il caso di essere blasfemi. Vieri è stato, era, forse sarà ancora per qualche marchetta di fine carriera, magari allestero, un ottimo attaccante, per un certo periodo il più forte in circolazione e non soltanto in Italia. Poi il canguro australiano si trasformò in bradipo, contando più presenze altrove che in campo e quando dico altrove non alludo soltanto allinfermeria dello spogliatoio.
Questultima vicenda che ha fatto sognare, pensate un po, i tifosi della Sampdoria e ha permesso allex di dire «realizzo il sogno della mia vita, ho sempre tifato per questa squadra», rappresenta il riassunto della carriera autostradale delluomo nato il dodici luglio del settantatré a Bologna, dove suo padre giocava a football prima di andarsene nel Paese del boomerang. A differenza del quale non è mai tornato a destinazione, ma si è messo a pirlare dovunque e comunque, alternando momenti di gloria ad altri di boria, ingrugnendosi, smarrendo potenza ma non prepotenza, approdando nel Principato di Monaco senza lasciare traccia, a differenza di quello che aveva saputo fare a Madrid, con lAtletico, prima che spuntassero il megafono e la predica «straordineria» di Arrigo Sacchi. Roba antica, di un passato che è già remoto anche se vissuto laltroieri, perché se il calcio brucia tutto nel giro di una settimana (qualcuno ha festeggiato forse il primo mese di titolo mondiale azzurro 9 luglio-9 agosto?), Christian Vieri ha acceso da solo il proprio rogo, senza che nessuno gli prestasse il cerino. E non è stata certo la sua polemica volgare contro i giornalisti a provocarne il declino, è stato lui medesimo, con i suoi cortigiani, a filare lontano dalla porta laddove invece sapeva sparare palloni con una forza ferocissima.
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