Da Vigevano a Potenza, la vita comoda delle toghe

Il procuratore del giallo di Garlasco: vivo a Roma e in ufficio non ci vado quasi mai. Il caso del capo di Woodcock

Da Vigevano a Potenza, la vita comoda delle toghe

Roma - Ogni tanto agli onori delle cronache emerge qualche caso di magistrato che non fa proprio tutto il suo dovere. Anche dirigenti, che in ufficio si vedono davvero poco. Non hanno l’obbligo di residenza e succede non di rado che abitino distanti da tribunali, procure o corti e accorpino il lavoro in sede in un numero minimo di giorni, 2-3 a settimana. Quando al Csm esplose il caso del pm-star Henry John Woodcock da diverse deposizioni emerse che il procuratore capo, Giuseppe Galante, viveva nella sua tenuta in campagna lontana 50-70 chilometri e lasciava di fatto nelle mani dei sostituti le conduzioni delle iniziative dell’ufficio. Per evitare guai, poi, Galante si dimise. Quanto al procuratore di Vigevano, che si occupa dell’omicidio di Garlasco, Alfonso Lauro, in un’intervista ha candidamente ammesso di risiedere a Roma e di andare in ufficio in provincia di Pavia un paio di volte a settimana. Al Csm si sta pensando di aprire una pratica su di lui.

Un caso più recente arrivato al Csm è quello del presidente del tribunale di Savona, Giuseppe La Mattina: il consiglio dell’Ordine degli avvocati della cittadina ha presentato recentemente un esposto, accusandolo tra l’altro di non essere spesso in ufficio, di non adempiere ai suoi doveri e di non avere alcuna disponibilità a ricevere i legali che avevano bisogno di incontrarlo. Sembra che l’interessato abbia poi fatto ogni sforzo per dimostrare il contrario e il Csm recentemente ha archiviato, ma l’Ordine degli avvocati sta valutando se fare ricorso al Tar.

Ci sono, al contrario, casi positivi che dimostrano come anche in condizioni oggettivamente difficili per organico, mezzi e strutture si possa migliorare il servizio. Manuela Romei Pasetti è arrivata solo 2 mesi fa a Venezia, prima donna a presiedere una Corte d’Appello, e ha subito fatto capire che bisognava cambiare registro. Nella città dove le udienze si rinviano al 2014 anche a causa della pesante scopertura d’organico, il magistrato ha fatto un provvedimento straordinario per affrontare l’emergenza, stabilendo che per smaltire l’arretrato era «indispensabile» applicare magistrati di primo grado del civile alla Corte d’Appello.

Questo, imponendo un piccolo e temporaneo sacrificio a 93 colleghi dei tribunali: un’udienza settimanale ogni 2 mesi e mezzo. Ciò comporterà di definire anticipatamente circa 330 cause civili in 3 mesi e creare udienze «libere» per la trattazione di nuovi procedimenti o per anticipare quelli fissati. Il periodo di superlavoro, infatti, è quello tra il 15 settembre e il 20 dicembre. Proteste e malumori non sono mancati, ma il Csm ha dato il via libera, con tanto di complimenti per l’idea e l’impegno del presidente Romei Pasetti. E lei ha distribuito un questionario agli interessati chiedendo di segnalare eventuali correttivi per migliorare il provvedimento. «Era l’unico rimedio possibile - spiega -, non c’erano alternative. Un contributo solidale che ogni magistrato deve all’istituzione per limitare la mostruosità di fissazione di cause di appello a 6-7 anni».

La Corte d’Appello di Venezia ha un terzo di cause in meno di Milano o Bologna, ma ha anche due terzi di organico in meno. Mancano 11 consiglieri su 33, 3 presidenti di sezione su 7 e 2 giudici del lavoro su 4. «E questo - sottolinea la Romei Pasetti - malgrado l’altissima produttività dei colleghi che di fronte ad una scopertura d’organico del 30 per cento hanno aumentato la produttività sempre del 30 per cento. Ma questo non è servito a ridurre le cause pendenti, solo a galleggiare».

Un esempio che anche al Csm fa scuola: la pratica è aperta e si sta studiando la possibilità di proporre il meccanismo alle altre Corti d’Appello. Comunque, la Romei Pasetti in pochi mesi ha già dimostrato che, volendo, molto si può fare. Invece di arrendersi comodamente.

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