Comè seducente quella frase stampata sui manifesti che ritraggono Giovanni Falcone: «Chi non ha paura muore una volta sola, chi ha paura muore tutti i giorni». Labbiamo vista e rivista ieri alle manifestazioni per il sedicesimo anniversario di Capaci, cerano i politici e le istituzioni tutte, cera la gente comune e cerano i ragazzi delle scuole. Per qualche minuto, guardando i tg, ci siamo sentiti un popolo fiero e coraggioso, unito nel dire mai più la mafia, mai più.
Ci devessere però qualcosa che non funziona se solo un giorno prima abbiamo letto che a Napoli Roberto Saviano, lautore di Gomorra, non riesce a trovare casa perché tutti hanno paura ad affittargliene una. Ci deve essere qualcosa che non funziona se le scuole vanno in piazza a difendere la legalità, come hanno fatto ieri, e poi scopriamo che i ragazzi di terza media della scuola Salvo DAcquisto di Napoli scrivono nei temi «cè gente che odia la camorra, io invece no, anzi a volte penso che senza la camorra non potremmo stare, perché ci protegge tutti».
Ci sono due Italie, quella che abbassa il capo e «lItalia che non ha paura» cantata da De Gregori? Forse sì, anzi sicuramente sì. Ma forse cè anche una realtà più inquietante, e cioè che lItalia dei probi e quella dei corrotti sono solo due esigue minoranze, e in mezzo ci siamo noi, maggioranza che dice una cosa e ne fa unaltra, ci siamo noi che sappiamo bene quanto siano infernali la mafia e la camorra ma quando ci dicono che il signore della porta accanto può significare unautobomba parcheggiata davanti al portone speriamo che se ne vada fuori dai piedi, e magari glielo diciamo pure, di andarsene. Stiamo in mezzo senza accorgerci che stare in mezzo vuol dire scivolare da una parte, quella sbagliata.
È la stessa Italia che per schierarsi aspetta di vedere come va a finire, e nel frattempo cerca di limitare i danni. Il 22 gennaio del 1943 Leo Longanesi annotava questo dialogo: «Credete che a Roma verranno a bombardarci?» «A Roma no, a Roma cè il papa e poi Roma è troppo bella...» «Credo anchio. Meglio che bombardino Milano...». Lunità dItalia - commentava Longanesi - poggia su questi ideali.
Ricordare tutto questo nel giorno in cui andiamo in piazza per ricordare Falcone non è disfattismo, tuttaltro.
Michele Brambilla
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