Vignette su Maometto, arrestati sette aspiranti assassini

Vivevano in Irlanda perfettamente in regola da rifugiati politici, sfuggiti a persecuzioni vere o presunte nei loro Paesi d’origine, il Marocco e lo Yemen. Ma avevano un programma un po’ diverso da quelli degli onesti lavoratori immigrati nell’isola verde per sostenerne un boom economico da tempo esaurito: progettavano un assassinio. E non uno qualsiasi. La loro vittima designata era Lars Vilks, il vignettista svedese che nel 2007 aveva ricevuto minacce di morte per aver disegnato Maometto con il corpo di un cane.
Per questo la Garda, la polizia irlandese, ha arrestato ieri quattro uomini e tre donne in due distinte operazioni nelle città di Waterford e di Cork, nel sud dell’isola.
Sulla testa di Vilks, che vive sotto sorveglianza della polizia in una zona remota della Svezia, Al Qaida aveva posto tre anni fa una taglia di 100mila dollari. Abu Omar Al Baghdadi, leader di una sezione irachena dell’organizzazione terroristica islamica, aveva promesso in un messaggio audio postato su un sito internet un premio extra di ulteriori 50mila dollari qualora il vignettista fosse stato «sgozzato come un agnello». Altri 50mila dollari venivano messi poi a disposizione di chi avesse messo fine ai giorni di Ulf Johansson, il direttore del giornale svedese Nerikes Allehanda, che aveva pubblicato la vignetta bollata come blasfema.
Sembra che i sette arabi arrestati in Irlanda, di età compresa tra i 25 e i 50 anni, avessero preso molto sul serio l’offerta di Al Qaida. Ma la polizia era da tempo sull’avviso, tanto che è passata all’azione «tenendosi in stretto contatto con le polizie di vari Paesi europei e americani». Gli arresti sono stati motivati con il reato di cospirazione volta all’uccisione di una persona in una non meglio precisata «altra giurisdizione». In questo caso, in un altro Paese, la Svezia.
Le pericolose intenzioni dei sette arrestati in Irlanda sono state considerate con molta serietà anche perché esistono precedenti inquietanti. Il più recente dei quali riguarda Kurt Westergaard, il disegnatore danese del quotidiano Jyllands Posten che nel 2005 aveva scatenato furibonde manifestazioni di protesta di musulmani in mezzo mondo per aver disegnato una serie di vignette che ritraevano Maometto con una bomba sul turbante. Westergaard, come in seguito Vilks, dovette rassegnarsi a una vita da recluso per sfuggire a numerose minacce di morte che si rivelarono concretissime nello scorso gennaio, quando un somalo fu bloccato dalla polizia quando era già riuscito a penetrare nella sua casa brandendo un’ascia. Anche sulla testa di Westergaard era stata posta una ricca taglia dagli estremisti islamici.
E sul fatto che certa gente non scherzi ci sono pochi dubbi. Il caso terribile del regista olandese Theo Van Gogh, massacrato a coltellate per la strada ad Amsterdam da un giovane immigrato marocchino nel 2004, è esemplare. La «colpa» di Van Gogh era quella di aver girato un cortometraggio, Submission, che denunciava le violenze comunemente inflitte alle donne nel mondo musulmano.

Nel film recitava la rifugiata somala Ayaan Hirsi Ali, anch’essa fatta oggetto di esplicite minacce di morte che la spinsero, dopo essere diventata cittadina olandese e parlamentare nel suo Paese di adozione, a fuggire negli Stati Uniti, dove tuttora vive. E anche questa tragica vicenda personale ha un evidente significato.

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