Viktoria Tolstoy: tutti i colori della ballata jazz

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Antonio Lodetti

Non fatevi condizionare dal fatto che ha partecipato al Grande fratello svedese o dalla sua passione per Prince. Viktoria Tolstoy è una delle più interessanti balladeuse a cavallo tra jazz e musica d’autore che arrivano dai paesi scandinavi. Discendente del grande scrittore russo (è il suo trisavolo ma lei ha vezzosamente trasformato la «j» in «y») la Tolstoy venerdì e sabato ha ben impressionato il pubblico del Blue Note di Milano. Voce non potente ma dai sottili accenti colloquiali, la cantante propone le sue ballate molto personali, legate all’idioma jazzistico ma aperte alla sperimentazione e agli influssi folk della sua terra. Molto bella l’elaborazione del tema popolare Grandma’s Song così come è intrigante lo sviluppo di brani come You Give Me the Flow e From Above (scritti dal suo pianista Jacob Karlzon) dominati da continui cambi di ritmo e di tempo. Messi da parte gli accenti pop degli esordi (dischi come För Alskad - Too Loved che l’hanno portata in vetta alle classifiche svedesi), Viktoria segue oggi, con naturalezza, una strada più complessa, coadiuvata da un ottimo trio di virtuosi (oltre a Karlzon Hans Andersson al basso, Peter Danemo alla batteria, Mattias Torell alle chitarre) che ora guidano ora assecondano i suoi capricciosi fraseggi.

Nelle ballad lente ricorda Diana Krall, ma è sui brani veloci in cui tira fuori il meglio dialogando con gli scatenati florilegi armonici di Karlzon e il taglio swingante della sezione ritmica. Il pubblico applaude. Il battesimo italiano è buono. Un suo video è in rotazione su Mtv e l’ultimo cd My Swedish Heart è uscito anche da noi. Sfonderà anche qui?

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