Cronaca locale

Villa Necchi, un gioiello di impresa e architettura nel cuore di Milano

Una storia tutta lombarda quella di Villa Necchi-Campiglio, splendida residenza degli anni Venti nel cuore di Milano, a due passi da corso Venezia

Villa Necchi, un gioiello di impresa e architettura nel cuore di Milano

Una storia tutta lombarda. Villa Necchi-Campiglio, splendida residenza degli anni Venti nel cuore di Milano, a due passi da corso Venezia, fra i palazzi Cicogna, Mozart e Biotti, ideata dall’architetto Piero Portalupi in stile “moderno”, continua ad arricchirsi sia attraverso le collezioni e i lavori di restauro, sia con l’apertura di un ristorante e di un book shop.

Aperta al pubblico dal 2008 grazie al Fai, Fondo per l’Ambiente Italiano, oggi la villa conserva non solo oggetti e arredi preziosi, ma anche la storia di un’epoca e di una famiglia che ha fatto grande l’Italia. “Ricordo bene le sorelle Necchi, semplici, schive e spontanee, nonostante l’immenso patrimonio e l’elevata posizione sociale –racconta Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del Fai-. Ma ricordo altrettanto bene che quando verso gli anni Ottanta Angelo Campiglio scomparve, Gigina, fedele moglie ed ereditiera, si trovò un po’impreparata a gestire le proprie sostanze. In quell’occasione, le sorelle mi mandarono un ‘ambasciatore’, il conte Alessandro Cicogna. La proposta era di lasciare la loro amata casa al Fai, con una ‘dote’ per poterla mantenere: la nuda proprietà subito, il suo utilizzo dopo il decesso”. Perché l’accordo con le due sorelle Necchi fosse possibile, il Fai si impegnava a prendersi cura, dopo la loro morte, della villa, trasformata in casa-museo, in modo tale che la tradizione di ospitalità continuasse nel tempo. Il desiderio di Gigina Campiglio (scomparsa lo stesso giorno del crollo delle Twin Towers a New York)e Nedda Necchi è stato più che esaudito: la villa non solo è stata aperta al pubblico, ma le sue collezioni sono aumentate, grazie anche a donatori come la gallerista Claudia Gian Ferrari che ha fatto inserire opere di artisti quali Sironi, De Chirico, De Pisis, Martini, Morandi… che ben si sposano con gli arredi dei saloni risistemati dall’architetto Tomaso Buzzi negli anni Trenta e Quaranta.

Inoltre l’apertura del ristorante che si affaccia sui campi da tennis a fianco della piscina (già riscaldata nel 1935 con piccoli canali di irrigazione) offre tutti i giorni l’occasione di godere di un ambiente sereno e di assaporare la storia di un straordinaria famiglia lombarda che fece della sua seconda residenza un punto d’incontro della mondanità anche internazionale. Gli appassionati di giardinaggio possono contribuire con la loro fantasia e le loro donazioni ad ampliare orti, aiuole e piante come da tradizione. Il giardino della villa è messo a disposizione anche per eventi particolari, e quindi prenotabile la sera per chi volesse offrire ai propri ospiti un luogo incantevole e nascosto.

Come avevamo detto, la lunga collaborazione di Tomaso Buzzi con i Necchi-Campiglio fu proficua, in specie dal 1938, con particolare riguardo agli interni della villa, dove sono stati aggiunti specchi, tessuti e mobili, e per gi esterni degli spogliatoi per il tennis ricavati scomponendo lo scenario troppo rigoroso di Portalupi. La scelta di Buzzi fu à la page, in quanto l’architetto aveva già esordito con il gruppo del Novecento milanese a fianco di Gio Ponti, con cui aveva condiviso la nascita della rivista Domus e la partecipazione alle Triennali dove si era distinto con il Club degli Urbanisti per il Piano Regolatore di Milano.

Angelo Campiglio, ma soprattutto Gigina e Nedda Necchi si sono dedicati al gusto dell’abitare, collezionando arredi e opere di pregio. Non avendo figli, la famiglia viaggiava spesso con la propria Isotta Fraschini per tutta l’Europa, da dove portava a casa ricordi di viaggio invidiabili. Ad ammirare questi tesori erano i conoscenti più frequenti della dimora, fra cui i conti Vistarino, i Castelbarco, i Visconti, i Soragna,i Bolchini e persino i regnanti di Spagna, Simone di Bulgaria i membri di casa Savoia. Maria Gabriella di Savoia era la giovane amica delle sorelle Necchi, che le avevano riservato una camera al primo piano della villa. La stessa Maria Gabriella negli anni Sessanta scovò con “le due Gigine”, come le aveva soprannominate, un grosso archivio di corrispondenza lasciato dai nazi-fascisti e nascosto nella soffitta. Non sapendo come gestirlo e temendo di compromettere qualche personalità, con l’approvazione del parroco lo ridussero in cenere.

I Necchi-Campiglio durante il Ventennio non furono fascisti ferventi, ma ebbero naturalmente rapporti di lavoro con il regime. Il Duce veniva guardato con una certa ammirazione quando visita le fonderie Necchi, meno quando durante la Repubblica sociale la villa di via Mozart venne confiscata per farne la sede del quartier generale fascista: una comoda residenza per Mussolini, che faceva su e giù dalla prefettura. Nedda, come sua sorella, era sempre molto elegante. Vestivano Biki, Chanel, Dior… E’ nota l’infatuazione di Nedda per il famoso “barone rosso” della Prima guerra mondale Manfred von Richtofen, a sua volta conquistato dalla sua eleganza, ma l’amore per le cose belle e preziose proveniva dalla madre Piera Frigerio che aveva una gioielleria a Rosario, in Argentina, dove il commendator Angelo già dall’età di due anni si era trasferito con i genitori. Suo figlio Ambrogio Necchi fu quello che trasformò le prime acciaierie nei grandi prodotti Necchi.La particolarità di questo nucleo familiare fu la convivenza armoniosa dei tre fratelli Necchi, Nedda, Gigina e Vittorio. Tutti erano amanti dell’arte, del lusso e furono amici fra gli altri di Lucio Fontana, che aveva una casa sul lago di Conabbio vicino alla loro.

Ambrogio, il primo padrone delle Necchi Macchine da cucire, aveva l’abitudine di regalare per il matrimonio di amici e dipendenti una Necchi portatile, una tradizione che proseguì con il figlio Vittorio, a cui si deve l’ampliamento dell’attività industriale e la pubblicazione, nel 1928, di un manifesto della Nechi passato alla storia creato dal pittore Giusepe Palanti. La Necchi già alla fine degli anni Venti aveva 4500 operai, in un’Italia dove ancora l’industria era scarsa e si pativa anche la fame. Persino i domestici…

Un’altra novità sta nel fatto che Skira ha pubblicato un nuovo volume-guida per il Fai dal titolo Villa Necchi Campiglio a Milano, ricco di foto d’epoca, disegni architettonici, prototipi di arredi, immagini d’archivio per una villa dove l’ottone e il rame erano materiali nobili ma anche duttili elenti per rivestire, durante il periodo fascista, le decorazioni e le grate in oro.

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