È Villa la sorpresa di inizio mondiale Adriano e Shevchenko i big rimandati

Primi bilanci: lo spagnolo e Crespo subito in forma Ancora senza energie i bomber di Brasile e Ucraina

nostro inviato a Kaiserslautern
C’è un volto nuovo che eccita la critica spagnola e uno famoso, molto famoso, appena partito da Milanello per Londra, che deprime gli umori di un Paese sbarcato per la prima volta al mondiale, l’Ucraina. Intorno a questi due volti, Villa e Shevchenko, uno positivo e l’altro negativo, si può licenziare il primo bilancio di un mondiale che piace anche ai piacioni di Capalbio e che da queste parti tradisce un contagioso interesse, mai visto prima. Gli stadi, comodi e moderni, il chiodo fisso di Adriano Galliani, sono pieni di popoli in festa, pronti a dilagare verso le città anche al culmine di amare sconfitte. La qualità del calcio espresso viene apprezzata anche se in campo non c’è Maradona ma quell’oggetto misterioso di Kaviedes, arruolato dal Perugia, smarrito e recuperato, con la maschera dell’uomo ragno, per il 3 a 0 dell’Ecuador su Costa Rica. C’è una sola complicazione da denunciare: le autostrade tedesche, complicate come un rompicapo per viaggi quotidiani capaci di stroncare un camionista bulgaro.
Villa è un ragazzo dalla faccia pulita e dallo scatto smerigliato, toglie il posto a Raul e nessuno, dalle parti di Madrid, se ne scandalizza, specie se poi riesce a duettare con Fernando Torres, altro giovanotto capace di schiantare l’Ucraina. Shevchenko si mette in campo da solo, senza ascoltare consigli che arrivano anche da Milanello, e fa il pieno di delusioni. In questo mondiale dal gol facile, l’efficienza fisica è il presupposto essenziale per reggere il passo della concorrenza scatenata. Basta guardare Totti. Ne sa qualcosa anche Adriano che, approfittando del caso Ronaldo, riesce a nascondere i suoi tormenti, che provengono da lontano, dagli stenti dell’Inter e dai gol sbagliati a due passi dalla porta, a San Siro come a Berlino. È una questione di forma e di sicurezza nei propri mezzi ma sotto c’è dell’altro: mai visto uno come Adriano trascorrere tanto tempo, almeno sei mesi di fila, dentro un tunnel.
L’Argentina e l’Olanda vanno a braccetto nel ramo delle conferme solenni: promettono sfracelli. E non solo perché possono contare su attaccanti di provato mestiere (Crespo e Van Nistelrooy) o su giovani rampanti (Tevez e Robben). Hanno adottato uno stile di gioco che risulta premiato dai risultati rotondi e dall’entusiasmo del pubblico. Pekerman, il ct, può permettersi di fare entrare Messi, il vero erede di Maradona, nel secondo tempo di Argentina-Serbia, per privilegiare la solidità della squadra, l’affiatamento tra reparti e singoli. Gli orange di Van Basten sono quelli di sempre, in grado di procurare grandi ebrezze (2 gol in 27 minuti alla Costa d’Avorio) ma anche di soffrire la reazione avversaria, confermare fragilità difensive, come denunciarono in una famosa amichevole Toni e Gilardino qualche mese fa.

Se l’Inghilterra non riesce a catturare l’occhio neanche contro Trinidad e Tobago, è segno che, dalle parti di Eriksson, permangono i limiti che tutti riconoscono a una nazionale issata sulle spalle di Beckham e in attesa di recuperare il talento balistico di Rooney. Anche il vecchio, caro Sven Goran, minaccia di non cambiare mai.

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