Vince il «no», Milano perde il federalismo

La partita dell’Italia ai Mondiali accelera le operazioni di spoglio: alle 17 scrutinio già completato nell’89,5% delle sezioni. Il prefetto aveva raccomandato di «evitare sospensioni»

Chiara Campo

Milano volta le spalle al federalismo. Mentre in tutta la Lombardia ha trionfato il sì - col 54,6 per cento dei voti contro il 45,4 per il no -, sotto la Madonnina si è consumato il «tradimento»: il 52,6 per cento dei cittadini che domenica e ieri sono andati a votare per il referendum hanno bocciato la riforma della Costituzione. Favorevole il 47,3 per cento, e solo nel centro storico il fronte del sì (50,49%, cioè 22.979 elettori) ha battuto quello contrario alla devoluzione (49,51%, ossia 22.530 schede). Nelle altre otto zone invece ha trionfato il no, con un scarto maggiore nella 9, Stazione Garibaldi-Niguarda, dove la percentuale del sì è stata del 45,9 per cento e quella del no 54, circa otto punti di differenza.
Nonostante la buona affluenza alle urne, decisamente al di sopra delle aspettative, lo spoglio delle schede è avvenuto a tempo di record, «merito» probabilmente della partita dell’Italia ai Mondiali. Al calcio d’inizio in campo, alle 17, le schede erano già state scrutinate in 1.122 sezioni su 1.253 (l’89,5 per cento del totale), e le operazioni in tutta la città si sono concluse comunque poco dopo le 18. Del resto, la circolare inviata dal prefetto ai sindaci della provincia di Milano e Monza parlava chiaro, li invitava a «sensibilizzare i presidenti di ciascun seggio affinché assicurino il massimo impegno e la dovuta attenzione anche nelle ore in cui si svolgeranno rilevanti eventi sportivi, evitando sospensioni, anche brevi, delle attività di scrutinio». Per gli scrutatori dunque l’unica soluzione per godersi la partita Italia-Australia era archiviare le pratiche del referendum con l’acceleratore, e così è stato.
La partecipazione dei cittadini al voto è stata notevole, specie se confrontata con i dati degli ultimi referendum. Per esprimersi sulla riforma della costituzione, nonostante il caldo e la fuga massiccia dalla città, sono andati alle urne il 58,5 per cento dei milanesi aventi diritto al voto (580.088 persone): più alta la percentuale degli uomini (60,14 per cento) che quella delle donne (57,1 per cento). Agli ultimi due referendum parteciparono solo un milanese su tre: il 7 ottobre del 2001, quando bisognava esprimersi sulle modifiche al titolo V della Costituzione, votò il 32,96% degli aventi diritto, il 12 e 13 giugno 2005 fu il 35,98% a dire sì o no riguardo ai limiti nella ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. E l’affluenza è alta anche in confronto a quella per le comunali, quando la due-giorni alle urne si chiuse con il voto del 67,5 per cento degli elettori. Un mese e mezzo fa la partecipazione più bassa era stata quella dei residenti nel centro storico, che questa volta invece si sono rivelati i più attivi (61,1 per cento), mentre fanalino di coda è stata la zona 5, Vigentino-Chiaravalle (57,42 per cento).


Tutto regolare, come ha riferito l’assessore ai Servizi civici del Comune Stefano Pillitteri, il lavoro presso gli sportelli dell’Anagrafe che nei due giorni del referendum hanno rilasciato tessere elettorali e carte d’identità a chi ne era sprovvisto. L’ufficio di via Larga 12 ha duplicato tra domenica e ieri 674 tessere e 238 documenti d’identità. Fatti i conti anche delle sostituzioni dei presidenti di seggio - sono state 250 - e degli scrutatori, ben 1.705.

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