Cronache

«Vincenzi irresponsabile, aizza la folla»

Fincantieri, giorno della protesta numero «x». Mercoledì, ieri l’altro, fu la volta di Marta Vincenzi, stretta nel suo cappottino blu, in onore ai suoi operai, a marciare tra le braccia dei lavoratori aizzando gli animi e incitando la rivolta: «Sarà sciopero generale della città». E ieri, neanche ventiquattr’ore dopo, è toccato al capogruppo in Regione di Sinistra, ecologia e libertà, Matteo Rossi e al coordinatore esecutivo regionale Simone Leoncini tenere alto il tono della battaglia e sfilare in corteo. «Genova scenda in piazza a fianco dei lavoratori: sul tavolo non ci sono solo centinaia di posti di lavoro - hanno detto i due esponenti di Sel dalle fila del corteo di ieri mattina -, ma il futuro di una realtà industriale fondamentale per tutto il Paese». Di più, l’invito è alle istituzioni perché «si mobilitino per far sentire tutta la loro pressione verso il governo: è ora che Genova e la Liguria si uniscano in uno sciopero generale per il lavoro».
Fincantieri, giorno della protesta numero «x». La cronaca, sempre la stessa: gli operai che scendono in strada e marciano verso il centro città, bloccano la sopraelevata e questa volta, al contrario di mercoledì, riescono anche a bloccare l’autostrada A7. Traffico, città in tilt, disagi. Caos puro, per chi lavora. Come sempre. Dichiarazioni a caldo dei sostenitori della battaglia, come la lettera a fine pomeriggio a firma dei parlamentari del Pd tra cui Sergio Cofferati, Roberta Pinotti, Sabina Rossa e Mario Tullo al ministro Passera e al commissario Tajani perché vengano redistribuite le commesse nei cantieri navali così da scongiurarne la chiusura.
E poi le reazioni di chi, in questa battaglia, ormai più che le ragioni dei lavoratori, vede soltanto una lotta ideologica. I più duri e «cattivi» sono quelli della Fim-Cisl. «Per la Fiom non è importante tenere aperti i cantieri e lavorare al rilancio strutturale della cantieristica navale in Italia- dichiara il segretario nazionale della Fim-Cisl, Alberto Monticco - direzione confermata anche dal ministro Passera nell’incontro del 10 gennaio. Per la Fiom ormai la battaglia su Fincantieri è tutta ideologica e basata sul tiriamo a campare». Il comportamento del sindacato rosso, secondo Monticco, è «vergognoso» perché con il gioco delle tre carte, punta a spostare lavoro da Monfalcone e Marghera, a Genova e Ancoa, mettendo uno contro l’altro i cantieri. «Demagogico» e «privo di logica su tutta la linea sindacale» perché come nel gioco dell’oca - le parole del sindacalista - «vuol far ripartire la vertenza Fincantieri di nuovo dalla richiesta di un piano industriale alternativo, dimenticando che quello del 21 dicembre, è migliorativo rispetto a quello ritirato del 3 giugno e a quello predisposto dall’advisor di Fintecna». Ma a preoccupare è anche «la pochezza» della politica locale che rischia di aggravare e ritardare la risoluzione della vertenza.
«In Liguria - scrive il segretario Fim -Cisl - c’è un sindaco che invece di lavorare concretamente alla risoluzione dei problemi per cui è stato chiamato ad amministrare, si diletta ad aizzare i lavoratori, forse per coprire altre mancanze, popolusticamente e demagogicamente come la Fiom». Mentre i colleghi della stessa sigla di Genova e Liguria fanno sapere di star facendo «pressing» sul ministero affinché venga firmato nei prossimi giorni l’accordo per l’esecutività dei lavori in modo da rendere pienamente operativo il ribaltamento a mare».
Oltre ai sindacati, c’è tutto il disappunto anche dei politici locali per la gestione di questa vicenda. «La Vincenzi se ne vada - tuona il responsabile per la sicurezza Pdl, Gianni Plinio -. Un sindaco sempre più specializzato in blocchi stradali e in offese ai cittadini che non la pensano come lei, come nel caso della moschea, è ormai arrivato alla frutta. Prima se ne va a casa, meglio è per tutti. Genova non ha bisogno né di bolsi demagoghi e neppure di maestrine dalla penna rossa maleducate ed arroganti».
Protesta Fincantieri, oggi l’assemblea degli operai deciderà ulteriori forme di lotta.

Domani è un altro giorno.

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