Come ogni anno ecco la superclassifica dei vini laziali, da noi compilata incrociando i dati delle principali guide italiane. E vinta questanno dal Montiano 2005 di Falesco. Unazienda che ormai le guide collocano in Umbria, avendo da qualche tempo trasferito la ragione sociale nei pressi di Orvieto. Ma che continua a produrre alcuni vini nel Lazio, tra cui proprio il Montiano. E nella nostra regione non possiamo certo rinunciare alla «paternità» di uno dei pochi vini di eccellenza.
Detto questo, la classifica merita alcune considerazioni. In cinque anni solo due i vini «campioni», come da scheda a fianco: il Montiano e il Mater Matuta questanno secondo. Dimostrazione della capacità di questi produttori di confermarsi agli alti livelli, ma anche dellincapacità da parte di altre aziende di crescere. Altre considerazioni: il monopolio dei vini Igt e la conferma della crisi delle denominazioni laziali, malgrado qualche segnale di risveglio per il Cesanese del Piglio. La presenza di quattro province tra i 19 vini in classifica: Viterbo (7), Roma (6), Latina (4) e Frosinone (2). La conferma delle difficoltà dei vini bianchi a riscattarsi dal generale grigiore. E la scomparsa dei vini dolci, frutto però più del metodo adottato per la graduatoria che della crisi vocazionale dellunico settore che, anzi, negli ultimi anni aveva fatto registrare qualche piacevole sorpresa.
Infine come ogni anno una nota metodologica. Sono state esaminate quattro guide, le più note e vendute: Duemilavini 2008 dellAssociazione italiana sommelier (1.792 pagine, 32 euro); Vini dItalia 2008 del Gambero Rosso-Slow Food (880 pagine più indici, 30 euro); Vini dItalia 2008 dellEspresso (750 pagine, 22 euro); e Guida dei vini italiani 2008 di Luca Maroni (1.868 pagine, 36 euro). Sono stati presi in esame solo i vini valutati da tutti e quattro i volumi, ciò che naturalmente ha portato alla dolorosa esclusione di qualche etichetta.
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