Una violenza tracotante. È l'altra faccia della città

Al di là dei numeri, delle latitanze, delle polemiche e dei rimpalli della politica bisogna prendere coscienza del fatto che esiste ormai una città che vive e sopravvive in quartieri che sono diventati terre di confine, "polveriere" popolate da mondi diversi spesso ostili e in conflitto

Una violenza tracotante. È l'altra faccia della città
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Pochi mesi fa, ad agosto, don Paolo Steffano responsabile della comunità pastorale del Gratosoglio, dove alcuni giorni prima quattro bimbi nomadi avevano ucciso al volante di un'auto rubata la 71enne Cecilia De Astis, aveva ben spiegato quale fosse il pericolo e il perché. Sempre più spesso i minori o bande di ragazzi si rendono protagonisti di fatti criminali: "Bisogna fare investimenti duraturi, non di facciata, sia sociali che strutturali oppure ogni tanto ci scappa il morto - aveva detto il parroco - Questo è un quartiere affaticato con una serie di ingiustizie, pur con la volontà di associazioni anche laiche di lavorare in rete. C'è un pullulare di gente bella, ma con tante fragilità familiari e delinquenza con bande, risse, ragazzini con il coltello e se esci con il coltello prima o poi lo usi...". Una fotografia a tinte forti del Gratosoglio che è poi la stessa di molte altre periferie, di altre quartieri, di altre zone franche sempre più presenti in questa città che assomiglia sempre più a un Giano Bifronte, luccicante ma allo stesso tempo lugubre, inclusiva ed esclusiva, accogliente ma anche sempre più violenta. Al di là dei numeri, delle latitanze, delle polemiche e dei rimpalli della politica bisogna prendere coscienza del fatto che esiste ormai una città che vive e sopravvive in quartieri che sono diventati terre di confine, "polveriere" popolate da mondi diversi spesso ostili e in conflitto. Una città dove c'è malessere. Ma ciò che è successo in Corso Como, dove un ragazzo di 22 anni è stato ridotto in fin di vita per una cinquantina di euro da cinque coetanei, tre minorenni, se possibile va anche oltre a tutto ciò. Racconta di una barbarie che non è solo criminalità e violenza ma il "deserto" valoriale, culturale, etico e civile in cui si muovono oggi tanti adolescenti. Non tutti, per fortuna. Un mondo che calpesta i principi della vita, le regole, le convenzioni civili del vivere in una comunità. Un mondo "tracotante" che non ha timore di controlli, divise e procure, che posta sui social le sue imprese anche le più cruente, anzi meglio se più cruente. Un mondo che non teme di lasciar tracce anche se poi proprio i filmati, le chat, i messaggi nel caso di Corso Como hanno permesso agli investigatori di chiudere i cerchio. "Le bande giovanili sono un problema..." ha detto e ripetuto, con toni e sfumature diverse, in questi giorni un po' tutta la politica. Ma sono un problema non da adesso, sono un problema da anni e non legato all'immigrazione, ai figli di prima e seconda generazione, al solo disagio dei quartieri ghetto e via dicendo. non c'è più neppure questo alibi. I cinque ragazzi che hanno rovinato la vita allo studente in corso Como sono figli di famiglie normalissime, di genitori per bene, di madri e padri che mai avrebbero immaginato vivere un incubo simile. Bisogna fare i conti con questa criminalità e, la paura tremenda, è che i conti sia quasi impossibile farli tornare perchè è una violenza imprevedibile, impossibile da codificare, spesso estemporanea, frutto di circostanze, episodi, alcool anche droghe. Militarizzare la città non basta e probabilmente servirebbe a poco. E allora, tornando alle parole di don Paolo Steffano servirebbe forse di più "un duraturo investimento sociale". Servirebbe riavvolgere il nastro, tornare a pensare che la vita non scorre sui social, che tutto ciò che in questi decennni è stato inesorabilmente "smantellato" dalla famiglia alla scuola, ai catechismi, allo sport per tutti, al rispetto di una divisa, di un nonno, di una persona in quanto tale sono un argine formidabile al degrado e alla deriva di violenza a cui stiamo assistendo.

Servirebbe che la politica si rendesse conto che tutto ciò non è né di destra né di sinistra, non ha un colore politico. Fa parte delle aspettative di ognuno, di ogni negoziante, ogni impresa commerciale, famiglia, studente, tassista. A Milano come altrove.

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