Violenze su dodicenne, finanziere condannato

Durante il processo avrebbe costruito prove per infangare la vittima

Enrico Lagattolla

«All’inizio vedevo in lui un padre. Solo più tardi ho cominciato a capire». Sette anni dopo, il ricordo. Di quando, a 12 anni, conosce l’uomo che per tre sarà il suo aguzzino. Un appuntato della Guardia di finanza, marito della babysitter che si occupa di lei. L’uomo che, ieri, il tribunale ha condannato a sette anni e sei mesi di reclusione e a un risarcimento di 40mila euro per i reati di violenza sessuale aggravata e continuata, maltrattamenti in famiglia, molestie e minacce.
Massimo B., 39 anni, originario di Portici, finanziere di stanza all’aeroporto di Linate, conosce la sua giovane vittima nel 1998. Vicini di casa, a Legnano. Lei, la bambina, vive sola con la madre, impiegata in un’impresa di pulizie. Poco tempo per seguire la figlia, e la necessità che qualcuno se ne prenda cura in sua assenza. E così è.
Sempre più spesso, però, è il marito della babysitter a presentarsi. Premuroso, comincia a passare molto tempo con la bambina. Prima i regali, poi le attenzioni sempre più insistenti. Il plagio, fino alla violenza.
E fino a quando i sospetti della madre trovano conferme nelle prime confidenze della figlia, che racconta della «relazione» a cui era costretta da tempo. L’uomo nega tutto.
Peggio. Da quel momento, Massimo B. comincia a inviare lettere anonime con cui tenta di screditare la sua vittima agli occhi della madre. «Ha molti amanti», scrive. E poi le minacce. È il 2001. Il finanziere viene denunciato, il giudice per le udienze preliminari lo rinvia a giudizio.
Ieri, dunque, la conclusione dell’incubo. Col pubblico ministero Stefania Carlucci che, nel corso della requisitoria, definisce l’imputato «un pedofilo» che «ha creato una ferita nell’identità affettiva della vittima, che si porterà dietro per tutta la vita», e con il legale di parte civile, l’avvocato Paolo Grecchi, che nel ricostruire la vicenda sostiene come l’uomo abbia «sfruttato il terreno più usuale e ricorrente in questo genere di episodi, quello della mancanza della figura paterna».
Inoltre, sostiene l’accusa, «fino all’ultima udienza l’imputato ha presentato prove falsificate per infangare la reputazione della ragazza». Per questo motivo Massimo B. è ora indagato dalla Procura per subornazione di testimoni e falso in atto pubblico.

Secondo il magistrato, infatti, avrebbe indotto due testi a firmare documenti in bianco che poi lui stesso avrebbe compilato con false dichiarazioni, e mostrato alla ragazzina un falso atto di separazione dalla moglie per convincerla della «serietà» delle sue intenzioni.
Nei confronti dell’uomo, infine, il Tribunale per i minorenni ha predisposto degli accertamenti. Anche Massimo B., infatti, ha una figlia. Di soli di 8 anni.

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