Con il vip il paesino si fa un nome (e Zocca dedica un museo a Vasco)

Anche un teatro intitolato alla rockstar. Costo: 440mila euro

Con il vip il paesino si fa un nome  
(e Zocca dedica un museo a Vasco)

Gli hanno dedicato un museo non uno Stupido hotel. Permanente, incorporato dentro un teatro nuovo di Zocca, un centinaio di posti a sedere e capace di tutto, concerti, convegni, commedie. Progetto da 440mila euro pagato per quasi metà dalla Cassa di Risparmio di Modena e per il resto dalla Provincia. Zocca ha 4.877 abitanti più Vasco, e una giunta di centrosinistra, è famoso per il rock, la crescentina e le castagne, ha un paio di cittadini illustri Maurizio Cheli, che è astronauta, e Marco Santagata, scrittore, ma niente al suo confronto. Vasco è partito da questo angolo sperduto di Appennini, campi che sanno di erba nuova, con i sogni di tutti e la vita davanti. E da qui, pur andando lontano, non si è mai mosso. Se il paese che l’alba ce l’ha chiara è diventato qualcuno è merito suo. Niente di strano se radunano tutti i suoi cimeli in una galleria, che la cittadinanza di Zocca riconoscente pose.

C’è poco da fare, il paesino fa tendenza, partire da qui per andare chissà dove serve a questo, a cambiare gerarchie, ad accettare diversità, a trasformare il mondo. Nessuno conoscerebbe Roncole di Busseto senza Giuseppe Verdi, Torre del Lago senza Puccini, Recanati senza Giacomo Leopardi. Anche lì ci sono le case museo, le file di turisti, gli eredi che ci abitano. Tutto uguale, sono solo cambiati gli eroi. Caldogno, provincia di Vicenza, ha promesso di chiamare Roby Baggio la Cittadella dello sport, undici ettari di terra, museo del Codino annesso; da un po’ Tavullia sta pensando di radunare in un unico posto tutti i ricordi di Valentino Rossi, sparsi tra bar e fans club del paese, sempre che con il tempo non si immalinconiscano come il museo di Rodolfo Valentino che abita nell’ex monastero Santa Chiara di Castellaneta, che negli ultimi anni ne ha passate un bel po’.

Il divo dà luce, vita e facce a posti che prima erano sempre stati in ombra. Maranello è Ferrari, Fucecchio è Montanelli, Fusignano è Sacchi. Ci sono paesi che hanno smesso di essere luogo di fantasia per trasferirsi nella geografia reale. A Corleone scandinavi e tedeschi si sposano in massa, perché qui c’è nato, ma non è vero, il Don Vito Corleone del Padrino, Brescello è diventato in tutto e per tutto il paese di Don Camillo e Peppone solo per esserne stato il set sbagliato, Porto Empedocle ha affiancato al proprio il nome di Vigata per colpa del commissario Montalbano, puoi affittarne la villa se vuoi, basta rivolgersi alla Provincia, e fa niente se lui non esiste. È nei paesini, direbbero in America, che abitano i valori forti del cuore profondo della nazione, ma mica tutti sono così riconoscenti. A Monghidoro invece che a Gianni Morandi il museo l’hanno dedicato alla Civiltà contadina, Goro ce l’ha sull’Ittica e non su Milva, a Ligonchio è naturalistico, ma senza l’aquila Zanicchi, a Cellino San Marco basta la tenuta di Al Bano, a Zapponeta nemmeno quella visto che l’idolo del posto ha sempre preferito farsi chiamare Nicola di Bari. Così impara.



Anche gli arbitri fanno tanto strapaese: Barbaresco di Cormons, Agnolin di Bassano del Grappa, Pezzella di Frattamaggiore, Pairetto di Nichelino. E nessuno dimentica che Cernusco è la patria dei tre liberi e San Giovanni Rotondo quella di Nicola Amoruso. Ma vi pare normale sia famosa per questo?

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