Visco sogna: «Metà del Paese è con me»

La fiducia nel governo era altissima: hanno nuociuto la rissosità interna e l’indulto

da Roma

Il secondo governo Prodi è ormai consegnato agli archivi, ma la memoria dell’impopolarità legata alle varie stangate fiscali è ancora fresca. Alcuni dei suoi protagonisti, però, ora hanno più tempo a disposizione per «ritoccare» con il pennello la fotografia di un esecutivo del quale non si serbano ricordi proprio felicissimi.
E così il professor Vincenzo Visco, fino alla scorsa settimana viceministro dell’Economia e responsabile delle politiche fiscali del governo del Professore, ha scelto la tribuna di Ballarò per raccontare la «sua» verità. «Noi abbiamo ridotto le tasse di qualcosa come 10-13 miliardi l’anno. Nel frattempo però il gettito è aumentato, è aumentato perché siamo riusciti a far pagare un po’ di tasse anche a quelli che non le pagavano», ha dichiarato. Come se fischi e proteste di piazza nei confronti di Prodi e di Padoa-Schioppa non ci fossero mai stati.
Anzi, quello che l’esponente diessino ha consegnato alle telecamere è il ritratto di un’Italia tutto sommato convinta che il governo del Professore stesse operando bene. «La mia impressione - ha aggiunto riferendosi alla percezione degli italiani della politica made in Visco - è che c’è almeno metà della popolazione che è molto solidale e d’accordo, e sono tutti quelli che le tasse le pagano, poi ci sono altri che magari non sono tanto contenti». Insomma, per l’ex viceministro il Paese, tassato e tartassato, non era proprio infelice.
Visco ha fornito una particolare interpretazione della mancanza di consenso nei confronti del vecchio esecutivo. Ma quali tasse e tasse, gli italiani hanno voltato le spalle a Prodi per l’indulto e per la litigiosità dell’Unione. «La fiducia era altissima ancora a settembre 2006 dopo il decreto Visco-Bersani in materia di liberalizzazioni e lotta all’evasione. Penso che una svolta in direzione negativa è stata la legge sull’indulto, sicuramente. E poi la rissosità della maggioranza, spesso più apparente che reale». Ipse dixit.
Nonostante il personalissimo racconto di questi due anni trascorsi tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre, Visco ha assunto un atteggiamento manzoniano nei confronti del giudizio storico sul suo operato: ai posteri spetterà l’ardua sentenza. «Vedremo nei prossimi mesi o anni - ha sottolineato - quali saranno le valutazioni. Sta di fatto che sia 10 anni fa sia in questi anni noi siamo riusciti a ridurre, anche fortemente, le imposte senza perdere gettito, anzi aumentando il gettito, e questa è una cosa che anche il nuovo governo dovrà fare, altrimenti saltano gli equilibri di bilancio». Se solo il 33% degli italiani lo scorso mese ha votato per il Pd (che non ha ricandidato Visco tuttavia; ndr), due italiani su tre, però, non devono essersi accorti di questo famigerato taglio delle imposte.
Ma ormai questa è acqua passata: adesso toccherà a Tremonti al quale l’economista non ha risparmiato una stoccata agganciandosi al giudizio tranchant del segretario della Cgil Epifani («Comincia male»). «Tremonti - ha affermato - attua il programma del Pdl, quindi se comincia male è perché il programma non andava bene».

Ma anche a un celeberrimo aforisma di Padoa-Schioppa Visco ha voluto aggiungere la sua chiosa. Le tasse sono bellissime? «Non direi proprio - ha commentato -: le tasse sono necessarie, fanno parte del patto di convivenza civile. Sono un male necessario».

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