nostro inviato a Parma
Fiducia sì. Entusiasmo no. Il messaggio che Banca d’Italia e ministero del Tesoro hanno lanciato dal Forex di Parma è complesso e articolato come l’evoluzione della crisi finanziaria che ha trasformato gli assetti del settore bancario. Anche se il 2012 sarà un «anno di recessione», come ha premesso il governatore Ignazio Visco, ci sono evidenze che «la fiducia degli investitori» sui titoli di Stato italiani «è tornata nelle ultime due settimane». Non solo lo spread è in calo, ha spiegato il direttore generale del debito pubblico del Tesoro Maria Cannata nella tavola rotonda di Radiocor, ma si registrano sempre «più flussi di acquisto non solo italiani ma anche stranieri», in particolare «da Gran Bretagna, Asia e anche dagli Stati Uniti».
Se le agenzie di rating hanno avuto un ruolo di primo piano nell’acuirsi delle tensioni sui Btp, circostanza rilevata sia da Visco («non sempre sono state in grado di svolgere adeguatamente il loro compito») che da Cannata, è tutto il sistema finanziario a doversi rimettere in questione. In primo luogo le banche, perché, ha ricordato il successore di Mario Draghi, «a dicembre i prestiti alle imprese si sono contratti, di circa 20 miliardi», un valore record anche se influenzato dalla «volatilità dei dati di fine anno». Per le aziende si profila un nuovo «inasprimento delle condizioni creditizie». Le banche devono dimostrare «di saper svolgere bene la loro funzione di allocazione del credito. È cruciale che l’economia non entri in asfissia creditizia, deperendo e trascinando con sè anche le prospettive del sistema bancario».
Visco ha tuttavia spiegato che se ci sono meno finanziamenti, lo si deve al fatto che nel 2011 le banche hanno sofferto un calo della raccolta del 2,8%. Insomma, senza il rifinanziamento da 116 miliardi della Bce a dicembre, sarebbe andata peggio. Altri 150 miliardi potrebbero essere richiesti nell’asta del 29 febbraio. «Un’opportunità interessante», l’ha definita Roberto Nicastro, dg di Unicredit, unica banca lodata da Visco per aver concluso con successo il maxi-aumento da 7,5 miliardi. Il governatore ha inoltre ricordato come il rapporto tra patrimonio e attivi ponderati per rischio in Italia sia molto più «stretto» rispetto a quello della concorrenza europea che gode di criteri più laschi.
Lo sprone di Visco è rivolto a tre punti essenziali del governo bancario. In primo luogo, anche se i rafforzamenti patrimoniali richiesti dalla vigilanza europea dell'Eba si sono svolti con una «sequenza sbagliata» (senza un fondo salva-Stati efficiente la speculazione ha colpito comunque), «un ulteriore irrobustimento del capitale» è nelle corde delle banche italiane. In secondo luogo, «bassi margini di profitto riducono le risorse da accantonare a patrimonio», perciò attenzione ai costi. Ultimo ma non meno importante: occorre controllare «dividendi e remunerazione dei manager».
Allineato alle considerazioni di Visco, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico Tomaso Cucchiani, che, pur non sbilanciandosi sulla dividend policy, ha ricordato come i compensi dei dirigenti siano bloccati, mentre per quelli più elevati c’è un «contributo volontario del 4%».
Idem per l’ad di Ubi Banca, Victor Massiah. «In questi quattro anni di crisi io non ho preso un euro di bonus ed è giusto che sia così», ha detto ricordando che ci si atterrà alle indicazioni di Bankitalia per la distribuzione del dividendo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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