Il visitatore viene trasportato in una casa del ’500

L’impressione di entrare nella stanza di una nobildonna del Cinquecento, di approssimarsi alla sua alcova, alla sua intimità. Ecco la sensazione, fisica, odorifica e tattile che si prova entrando nel salone dell’Alessi a Palazzo Marino dove è esposta, pardon dimora, la Donna allo specchio di Tiziano Vecellio.
Ma se avvicinandovi al quadro i vostri sensi vi rimandano quest’impressione non è un caso, è semmai attento studio, una strategia espositiva ideata dall’architetto fiorentino Elisabetta Greci per contestualizzare l’opera al visitatore, quasi in maniera subliminale.
Ne abbiamo parlato con lei, nel suo studio nel quartiere di San Frediano dove ha sviluppato innumerevoli progetti e allestimenti.
Architetto Greci come ha affrontato l’allestimento per questa mostra?
«Ho osservato l’opera come faccio sempre, ho lasciato che mi suggerisse alcune sensazioni. Subito ho iniziato a ragionare su come amplificare nel visitatore l’idea di trovarsi di fronte a un momento molto privato e molto femminile. Nel farlo ho deciso però di evitare il rimando diretto ad alcuni degli elementi più visibili più immediati come lo specchio concavo. Sarebbe stato troppo banale...».
E quindi?
«Abbiamo costruito solo due volumi, due pareti. La sala degli Alessi di Palazzo Marino è già un ambiente carico di suggestioni: servivano pochi segni aggiuntivi, ma forti. Così abbiamo allestito due quinte sceniche rivestite di tela bianca. Ma non è una semplice tela, abbiamo fatto una grande ricerca su questo tessuto. È realizzato in strisce sottili come quelle che si possono ottenere da un telaio a mano dell’epoca del dipinto e sono cucite assieme come si faceva per le lenzuola dell’epoca. Siamo partiti dalla tessitura per rievocare la sensibilità femminile...».
Anche nel quadro è data una grande importanza ai drappeggi, ai tessuti. Tiziano li rappresenta con precisione...
«Sì, sulle vesti e sui drappi svolge un grande sforzo pittorico. Esattamente come sulle luci. E il gioco di luci presente nel quadro noi abbiamo cercato di riprodurlo anche nell’istallazione. Paolo Rodighiero, il nostro light designer, ha oscurato tutte le finestre della sala tranne una, e ha posizionato le luci in modo che il bagliore riflesso nello specchio curvo del quadro sembri provenire da lì».
Un altro elemento che connota fortemente l’ambientazione è il pavimento. Come lo avete realizzato?
«Si tratta di un pavimento in quercia realizzato a intarsio; rievoca i pavimenti dell’epoca, una ricostruzione esatta e filologica. È stato realizzato dagli artigiani lombardi della ditta Sols ed è di grandissimo valore, non credo che per una mostra sia mai stato realizzato un’allestimento di questo tipo. Tanto più che è stato trattato esattamente come venivano trattati i pavimenti nel Cinquecento: con olio e cera. Il risultato non è solo visivo ma olfattivo, ricrea l’odore di un preciso ambiente».
Nella sala sono presenti anche altri due elementi d’arredo, due sedute. Quelle da dove vengono?
«Sono della Maison Martin Margiela e si sposavano benissimo alla nostra idea di ambientazione. Hanno accettato di prestarcele e di tingere i tessuti che le coprono in tinta di moro, sono state il tocco definitivo per rendere l’idea di uno spazio vivo».


Uno sforzo organizzativo enorme per un singolo evento.
«Il mio studio aveva curato anche le precedenti iniziative di Eni e abbiamo utilizzato tutte le lezioni apprese in passato per ottenere il massimo del risultato».

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