«Visto? Vogliono incastrarmi proprio in campagna elettorale»

Milano«Eccolo qua il tanto agognato avviso di garanzia. È arrivato, è arrivato». Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sventola i fogli graffettati della Procura della Repubblica e, a denti stretti, interpreta il pensiero di chi, fino ad oggi, gliel’ha tirata. Come a dire: «Siete contenti ora? Formigoni è finalmente stato incastrato». In effetti da settimane il partito dei gufi non aspetta altro che una bella indagine su Formigoni: l’ideale per screditare l’immagine del presidente durante la campagna elettorale. Così è stato: l’iscrizione al registro degli indagati ora c’è. Per violazione dei limiti di inquinamento. «Sì, ma per visionare gli atti e i rapporti sull’inquinamento - spiega Formigoni - non serve mica un avviso di garanzia. La Regione lavora in totale trasparenza e, ogni volta che vogliono, gli ispettori prelevano documenti dai nostri uffici e fanno le loro verifiche».
Un foglio di carta con il timbro della Procura però fa più clamore. Soprattutto se consegnato a quattro mesi dal voto. E se arrivato in contemporanea anche al sindaco di Milano Letizia Moratti e al presidente della Provincia di Milano Guido Podestà. L’accusa è quella di non aver fatto abbastanza per migliorare la qualità dell’aria. Non sono bastati anni di domeniche a piedi, mesi di targhe alterne, divieti di circolazione delle vecchie auto inquinanti. I giorni in cui sono stati superati i limiti di smog tollerabili sono stati più di 35 all’anno. Da qui la denuncia del Codacons e l’apertura dell’inchiesta. Un copione recitato tale e quale nel 2005, con un’unica differenza: all’epoca i magistrati avevano deciso che non era il caso di aprire nessuna inchiesta e, anzi, avevano lodato la Regione Lombardia per le politiche ambientali messe in campo: «Non solo il presidente Formigoni non ha commesso nessuna inadempienza - si legge nel testo firmato dal pm Grazia Colacicco - ma dalla documentazione emerge che la Regione Lombardia ha adottato un piano d’azione per il contenimento degli episodi acuti di inquinamento».
Stavolta invece si è deciso di mettere Formigoni alla gogna, anche se poi l’ammenda sarebbe solo di 206 euro e la pena non sforerebbe il mese di condanna. «Non mi sembra indispensabile l’iscrizione nel registro degli indagati - sostiene Mario Brusa, legale del presidente - perché in casi del genere c’è un’ampia discrezionalità da parte dei pm».
«Tentano di danneggiarmi - rilancia Formigoni - ma non ci riescono e non ci riusciranno. Ho la coscienza pulita». Dalla sua Formigoni snocciola la valanga di denunce ricevute in passato e finite nel nulla. Qualcosa come dieci processi. «Con relative dieci assoluzioni» puntualizza lui, ormai abituato ad entrare nel mirino dei magistrati alla vigilia delle elezioni. Un’abitudine consolidata che, in fondo, gli porta bene. «In effetti - ironizza lui, alla sua quarta ricandidatura - i cittadini mi hanno sempre votato».
Non è finita qui con la giustizia. Bruciando sul tempo i magistrati, Formigoni annuncia alla stampa un nuovo avviso di garanzia che, con tutta probabilità, arriverà a giorni. È quello che riguarda la casa dello studente dell’Aquila, finanziata dalla Regione Lombardia ma costruita su un terreno di proprietà della Curia. Un avviso annunciato, atteso a ore. «Quando fra trent’anni - spiega Formigoni - quel terreno tornerà nelle mani della Curia, la struttura, costruita in legno, sarà deteriorata e da abbattere, quindi il problema non si pone. Se qualcuno conoscesse le leggi, manderebbe certi esposti direttamente nel cestino».
Tra l’ironico e l’amareggiato, il presidente lombardo lancia il suo j’accuse provocatorio e allarga le braccia: «Sono tempi in cui tutti dobbiamo considerarci indagati. Viviamo in questa logica. A questo punto forse converrebbe chiedere l’iscrizione preventiva». Dal canto suo, Formigoni proseguirà con la sua campagna elettorale e con le sue politiche ambientali. Intanto, dal mondo della politica, si sollevano commenti amari verso l’avviso «tanto desiderato» da alcuni. A dare la vera lettura politica di quanto accaduto è il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi che si sente spettatore «di una commedia delle parti in cui, appena si avvicinano le elezioni, il solito zelante magistrato tira fuori l’avviso di garanzia». Da qui la sua denuncia: «Da chi amministra la giustizia ci aspettiamo misura e senso di responsabilità, non certo questi colpi ad effetto».

«Sono un garantista per lui, come per altri» sostiene il leader Udc Pier Ferdinando Casini che sprona ad affrontare i rapporti tra politica e giustizia. Solidarietà anche dal «collega» del Veneto Giancarlo Galan: «Mi dispiace infinitamente».

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