Forse nessuno di loro incarna meglio lideale del capitalista schumpeteriano, che cambia il mondo cercando di fornire al cliente il miglior servizio possibile. Pazienza se i ricavi (poi cospicui) non sono immediati: prima di tutto viene linnovazione, un po per il gusto di creare qualcosa di mai visto, un po perché nelle praterie del web chi arriva primo incamera un vantaggio colossale sulla potenziale concorrenza. Era il credo di Steve Jobs, fondatore di Apple e inventore di iPod, iPad e iPhone: «Pensiamo che il Mac venderà alla grande, ma non lo abbiamo costruito per quello. Volevamo solo costruire il migliore prodotto possibile». È il credo di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook: «Non costruisco servizi per fare soldi. Faccio soldi per creare servizi migliori». Ed è quello di Jeff Bezos, padre di Amazon, la più grande libreria on line, e del Kindle, il lettore di e-book al momento più diffuso: «Stiamo investendo nellinnovazione. Rendere ora Amazon redditizia sarebbe la decisione più stupida da prendere». Questo non significa, ovviamente, non capitalizzare e tanto meno ignorare il mercato: il discusso prossimo ingresso di Facebook in Borsa è lì a dimostrare che questi signori, quando arriva il momento giusto, sono imprenditori sensibili al guadagno e alla crescita della propria azienda.
Di Jobs e di Zuckerberg, allincirca, sappiamo tutto. La biografia del primo, scritta da Walter Isaacson ed edita da Mondadori è in classifica in mezzo mondo dalla morte del protagonista, avvenuta il 5 ottobre 2011. Al secondo è dedicata unampia bibliografia, ma la sua immagine pubblica è stata definita soprattutto dal film The Social Network firmato nel 2010 dal regista David Fincher.
Bezos, invece, è personaggio meno noto, nonostante lespansione di Amazon abbia innescato una rivoluzione nelleditoria libraria mondiale. E dire che entrò in quel settore quasi per caso: il giovane manager che passava di lavoro in lavoro, prevalentemente nel settore informatico-bancario, non aveva una passione particolare per i libri, ma considerava leditoria un mercato colonizzabile grazie al web. Non cè terremoto che non sia stato innescato da una mossa di Bezos: la crisi delle librerie tradizionali, lavvento delle-book, il fenomeno dellautopubblicazione, la drastica perdita di peso delleditore a vantaggio del venditore finale (meglio: di Amazon). Una vecchia frase di Bezos riassume questi cambiamenti e annuncia quelli futuri: «Su internet, tutti sono editori». One click di Richard L. Brandt (Rizzoli-Etas, pagg. 290, euro 19) non è una biografia in senso stretto: molte pagine sono dedicate alle innovazioni appena citate, e più che ricostruire la vita di Bezos, ne ricostruiscono le strategie industriali. Ci sono però anche molte pagine dedicate allinfanzia, agli studi e ai primi passi nel mondo del web.
Jeff nasce il 12 gennaio 1964 in New Mexico, ed è registrato come Jeffrey Preston Jorgensen. Del suo padre biologico nulla si sa. Bezos è il cognome del secondo marito della madre, Miguel, esule cubano in fuga da Fidel Castro. Infanzia e adolescenza del futuro CEO di Amazon sono raccontate con le stesse modalità narrative con le quali nel Medioevo si raccontavano le vite dei santi. È una caratteristica, per altro, comune alle molte biografie di Jobs e Zuckerberg. Alle elementari i primi segni della predestinazione: una ferrea concentrazione, una abilità sorprendente con i numeri e i «lavoretti» manuali. Ed ecco i primi miracoli: Jeff fa ripartire il trattore del nonno, Jeff crea un rudimentale modem, Jeff pur essendo magrolino diventa leader della squadra di football... Poi ci sono i tratti tipici da nerd dellinformatica, immancabili: quanti aneddoti abbiamo sentito su Jobs hippie fuori tempo massimo o sulle infradito sfoggiate da Zuckerberg anche di fronte ai banchieri più importantit? Ed ecco Jeff che negli uffici di Amazon vuole solo tavoli fatti con porte riciclate, Jeff che organizza una sfida a gavettoni per festeggiare il matrimonio, Jeff che lascia circolare per lazienda gli animali domestici suoi e dei suoi dipendenti...
Il fatto che simili episodi siano presenti in lavori serissimi (e, a scanso di equivoci, interessanti) come la biografia di Jobs a cura di Isaacson o quella di Bezos scritta da Brandt, è singolare ma in fondo descrive un aspetto della nostra epoca: il santo è stato sostituito dal guru sub specie tecnologica, il web e i suoi profeti hanno qualcosa di mistico. E noi, i credenti, corriamo ad aggiornare lo status di Facebook, a scaricare un po di musica da iTunes e a comprarci un bel libro su Amazon.
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