Livornese, 35 anni, spiegando ai giornalisti il ruolo del giudice per l’udienza preliminare una volta ha detto: "Non sono un passacarte". E Stefano Vitelli non lo è stato, visto che, di fatto, ha riaperto le indagini uscendo dalla camera di consiglio del 30 aprile non per leggere la sentenza attesa, ma con un’ordinanza che sottolineava le lacune nelle indagini e la necessità di nuove perizie. "Meglio una giustizia lenta di una frettolosa che condanna un innocente fino a prova contraria", ha detto, rispondendo a chi lo accusava di avere esorbitato dalla sua funzione di giudice.
Ha chiesto aiuto alla scienza, ma ha sempre ripetuto ai cronisti che gli indizi, anche quelli individuati dagli esperti chiamati "alla sua corte", non andavano valutati da soli, bensì nel contesto di una storia complicata. Vegetariano, amante del mare, ha un bimbo di pochi mesi e nelle pause d’udienza lo si è visto spesso a passeggio con la compagna e il piccolo nel grande parco vicino al Tribunale. Look casual, spesso in jeans, al bar di fronte al Tribunale lo descrivono come "un ragazzo allegro, che stravede per il suo bambino col quale ama giocare".
In ottimi rapporti con la stampa, pur senza mai entrare nel merito del processo che si è svolto a porte chiuse, alla fine delle udienze ha sempre aperto la porta a tutti per spiegare ogni passaggio giuridico.
Il diritto è la sua passione, si è laureato a tempi di record ed è in magistratura dal 2001, ma una volta, scherzando coi giornalisti, ha detto: "Gioco al superenalotto, se vinco mollo tutto e apro un ristorante o un agriturismo"».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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