Viterbo Non centrava il marito barista, non centravano parenti o amici. A uccidere Marcella Rizzello, la donna di 30 anni massacrata nella sua abitazione di Civita Castellana il 3 febbraio scorso, sotto gli occhi della figlia Giada di 14 mesi, sarebbero stati due ladri. Un uomo e una donna. Lui si chiama Giorgio De Vito, 35 anni, residente ad Aprilia, in provincia di Latina, ma da alcuni mesi trasferitosi a Civita; lei è la sua convivente, una polacca di un anno più giovane. Un delitto per portarsi via 100 euro. A tanto ammonta il valore della refurtiva: una vecchia macchinetta fotografica, un portafogli e pochi altri oggetti. Ad incastrare luomo sono state cinque macchie di sangue lasciate sul luogo del delitto dalle quali i carabinieri del Ris hanno estratto il suo Dna, una decina dimpronte di scarpe e limpronta palmare della sua mano, trovata sulla parte interna della porta del bagno, dove si era recato per lavarsi dopo lomicidio. In casa della madre, ad Aprilia, inoltre, durante una perquisizione, è stata ritrovata la macchinetta fotografica di Marcella.
Ma secondo gli investigatori cè di più. Il ladro assassino avrebbe tentato anche di stuprare la vittima. A sostegno della tesi dei militari il fatto che la giovane sia stata trovata seminuda, con gli slip calati e una bottiglia adagiata in mezzo alle gambe. Una circostanza, questultima, interpretata come «un tentativo di depistaggio, uno sfregio o un messaggio».
I carabinieri hanno spiegato che la violenza non cè stata, ma molti indizi lasciano intendere che era nellintenzione del presunto omicida e della sua convivente.
«Esprimo la gratitudine dellamministrazione provinciale e dei cittadini di Civita Castellana ai carabinieri e ai magistrati di Viterbo per essere riusciti ad individuare e a fermare i presunti assassini di Marcella Rizzello», ha detto ieri il sindaco di Civita Castellana Gianluca Angelelli. «Sapere che gli autori di un delitto così efferato erano in libertà - aggiunge - era un incubo per tutti noi.
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