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La vittoria di Catrambone assolto con formula piena

Il medico era stato accusato di accettare mazzette per sveltire pratiche di ricovero

Piero Pizzillo

Il primario di chirurgia toracica e oncologica dell’ospedale San Martino, Giuseppe Catrambone, 63 anni, è uscito ieri a testa alta da palazzo di giustizia. Ne aveva ben donde. Il noto professore era stato trascinato a giudizio con le pesanti accuse di concussione e tentata concussione, perché, secondo l’accusa, si sarebbe fatto dare 30 mila euro circa da una quindicina di pazienti, per assicurare loro tempi più celeri di ricovero, o trattamenti migliori nella degenza o per essere operati personalmente da lui, o per accelerare i tempi dell’intervento. Il pubblico ministero Francesco Panichi, nell’udienza del 4 aprile aveva chiesto la condanna a tre anni e mezzo di carcere. Ebbene, Giuseppe Catrambone, difeso dall’avvocato Giovanni Ricco, è stato assolto con formula ampia «perché il fatto non sussiste» (non è escluso il ricorso in Cassazione da parte del pm).
Il giudice Maurizio De Matteis nella sentenza di una decina di pagine, spiega perché ha assolto. Scrive il magistrato: «Il processo nasce in modo un po’ sordido, da una fonte confidenziale della Finanza, secondo cui Catrambone “utlizzerebbe la sala operatoria e le altre strutture delle quali ha la disponibilità in ragione del proprio ufficio per operare e curare i suoi pazienti, dietro pagamento di denaro non dovuto, trattandosi di interventi all’interno dell’ospedale effettuati al di fuori dell’attività inframuraria“».

Un’accusa non ritenuta fondata dal giudice, che afferma: «La procedura è stata sempre rispettata: i pazienti si sono rivolti al professor Catrambone in regime libero professionale, che li ha visitati uno o più volte nello stesso regime, ha regolarmente fatturato sui bollettari dell’ospedale gli importi riscossi e li ha versati tempestivamente nelle casse del nosocomio. I pazienti sono stati tutti operati in ospedale».

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