La vittoria italiana nella guerra ai tumori

Decisivo l’uso dei farmaci biologici, nel nostro Paese ogni anno 27mila nuovi malati

Luigi Cucchi

da Milano

Sono 350 gli oncologi italiani riuniti a Milano all’Istituto nazionale dei Tumori per analizzare i risultati dell’impiego dei farmaci biologici nella cura delle neoplasie renali. Una forma neoplastica che colpisce ogni anno 27mila italiani, provoca 14mila decessi all’anno ed è in grande aumento.
«Fino ad oggi il carcinoma a cellule renali, ottava causa di morte per patologia oncologica non ha riscosso grande interesse presso il mondo accademico. Importanti novità terapeutiche riportano alla ribalta questa patologia», afferma il professor Emilio Baietta, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, presidente dell’Associazione nazionale degli oncologi medici. «Per questa neoplasia non è stato ancora identificato un sicuro agente causale, e dunque non esiste prevenzione primaria. Tuttavia la diagnosi precoce, attraverso un approccio chirurgico radicale – aggiunge il professor Baietta - porta alla guarigione il 50% dei pazienti. In presenza di recidiva a distanza o metastasi la terapia medica costituisce il trattamento antitumorale di riferimento. Fino ad ora erano poche e di ridotta efficacia le armi terapeutiche per il carcinoma renale avanzato, le nuove terapie biologiche sono molto promettenti. La già documentata efficacia sul tumore al colon, associata alla buona tollerabilità, rappresenta il presupposto per un impiego delle targeted therapies in fasi più precoci della malattia».
A far crescere questi studi che hanno aperto un nuovo capitolo della ricerca neoplastica ha contribuito un ricercatore italiano, Napoleone Ferrara, che ha messo a punto in California, presso i laboratori della Genentech (Gruppo Roche), una delle più fertili imprese biotecnologiche al mondo, un nuovo anticorpo monoclonale (bevacizumab), attualmente impiegato con ottimi risultati nel tumore al colon.
Ferrara, nato in Calabria, laureato a Catania, si è trasferito negli Usa nel 1983 per proseguire la sua specializzazione in un Centro di eccellenza, dove erano già avviate le ricerche sui fattori di crescita vascolare endoteliale (VEGF). Con queste sperimentazioni si cercava di aggredire il tumore “affamandolo”, cioè bloccando i vasi sanguigni che lo alimentano in modo da farlo regredire progressivamente (angiogenesi) fino a neutralizzarlo.
Un’altra strada diversa, ma simile per alcuni aspetti, è stata percorsa con risultati positivi da altri ricercatori italiani che, nei laboratori di Pomezia della Sigma-Tau, sono riusciti ad impedire con sostanze citotossiche la replicazione delle cellule tumorali grazie all’inibizione di un enzima responsabile del loro sviluppo. Questi studi, in fase avanzata stanno ora proseguendo in Svizzera nei laboratori Novartis.
All’Istituto dei Tumori di Milano si è analizzato uno studio condotto negli Stati Uniti su 903 pazienti, i cui risultati preliminari sono stati presentati da Berhnard Escudier al 41° meeting annuale dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology), hanno consentito di ottenere la registrazione di un nuovo farmaco dalla Food and Drug Administration come trattamento di I o II linea in pazienti affetti da carcinoma a cellule renali. Sono attualmente in corso numerosi studi per valutarne l’efficacia in associazione ad altre molecole biologiche. Gli oncologi riuniti a Milano hanno discusso anche del tumore della prostata, la neoplasia maligna con l’incidenza più elevata nella popolazione di sesso maschile. «In Italia - dice il dottor Giuseppe Procopio, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - vi sono 21.000 nuovi casi ogni anno di carcinoma prostatico, mentre si prospetta che il 30% degli uomini italiani di età superiore ai 50 anni svilupperà tale neoplasia nei prossimi 15 anni».
I fattori di rischio, oltre all’età, sono la razza (superiore nella razza nera), elevati livelli di testosterone circolante, storia famigliare, eccessivo apporto calorico e di grassi. Per contro sono anche noti dei fattori protettivi quali l’apporto di vitamine A e D, oligoelementi e antiossidanti. È in studio la possibilità di attuare una chemioprevenzione attraverso l’assunzione di sostanze naturali come i fitoestrogeni, la vitamina E, i licopeni, i polifenoli del the e minerali come il selenio e lo zinco.


Ultimo tema trattato dagli oncologi riuniti a Milano è il tumore della pleura. In Italia si contano ogni anno un migliaio di morti per mesotelioma. Purtroppo nei prossimi decenni è atteso, nei Paesi industrializzati, un drammatico aumento di questi tumori.

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