Controcultura

Viva la campagna? Fino a un certo punto...

La scrittrice francese Cécile Coulon è nata a Saint-Saturnin il 13 giugno 1990. "Una bestia in paradiso" è il suo settimo romanzo.

Guido Piovene, col suo memorabile Viaggio in Italia, ci ha restituito per primo e meglio di chiunque altro una esatta fotografia del nostro Paese nella fase di transizione del secondo dopoguerra. Moriva una civiltà contadina alta e crudele e stava per subentrarle qualcosa di non ben definito. Non vi era nostalgia per un mondo sovente dominato da ignoranza, lacrime e sangue, ma il timore di una modernità volgare, che avrebbe potuto cancellare anche quanto di buono apparteneva al passato: la naturale eleganza delle fabbriche, l'identità gastronomica, la bellezza del paesaggio... Piovene lodava il baccalà alla vicentina, mettendolo alla pari coi grandi piatti della cucina francese e Rosario Assunto, denunciando la bancarotta estetica dell'Italia, avrebbe molto dopo scritto che «nella cucina di un popolo si riflette la luce dei suoi paesaggi, l'armonia delle sue città». Prima di Assunto, però, Elio Vittorini era arrivato ad augurarsi che «presto e per sempre spariscano il vino genuino e i polli di campagna», in quanto prodotti «disponibili per privilegiati» mentre, «migliorando la qualità degli artificiali, si otterrebbe il beneficio di tutti». L'ideologia porta alla cecità... Oggi, al tempo dello slow food, nessuno si azzarderebbe a invocare un pollo «egalitario», magari di derivazione petrolifera. Si cade, anzi, al contrario, nell'errore opposto: la narrazione edulcorata della cosiddetta civiltà contadina. Una insopportabile (perché falsa) visione idilliaca della vita in campagna che manda giustamente in bestia chi in campagna e di campagna vive davvero, conoscendone asprezze e difficoltà. Per tacer del mostro (la cui variante italiana è particolarmente agguerrita) chiamato burocrazia.

Si legge quindi con particolare piacere il romanzo della giovane (è nata nel 1990) francese Cécile Coulon Una bestia in paradiso (edizioni e/o, traduzione di Silvia Turato) che, tra gli altri, ha il pregio di raccontare con crudo realismo la vita di campagna in Francia nel secondo dopoguerra.

Si parla di Francia profonda, ma non è troppo diversa dall'Italia dello stesso periodo. C'è un podere chiamato il «Paradiso», governato dalla vecchia Émilienne, monarca assoluto ma giusto di un microcosmo quasi del tutto autarchico. Ne fanno parte i nipotini Blanche e Gabriel (rimasti orfani per un incidente d'auto che ha coinvolto i genitori), il bracciante Louis e, naturalmente, tutte le bestie, lo stagno e le colture. La vita vi scorre seguendo i ritmi imposti dalla natura, secondo i riti consolidati della campagna. Si uccide il maiale ed è giornata di festa, durante la quale Blanche perde la verginità, si mangia cibo sano e si respira aria buona, ma la vecchia Émilienne non esita a punire l'adorata nipotina fracassando con un bastone la testa di Lolotte, sua gallina preferita. Che poi - e questo pare inverosimile - non finisce in pentola, ma tumulata come un cristiano... Émilienne non è un mostro, ha anzi agito con finalità educative e la sua durezza va considerata espressione di un tempo e di una civiltà lontani. Ciò che verrà dopo, il grande inganno della modernità, sarà peggio, pur presentandosi col bel faccino pulito e fintamente affidabile del giovane Alexandre: la bestia in Paradiso.

Ci sono amore, tenerezza, follia e tanta violenza, in questo romanzo che consacra Cécile Coulon (g-ià in Francia vincitrice del Prix des Libraires e del Prix Apollinaire e di cui in Italia Keller editore ha pubblicato tre di sei romanzi: Il re non ha sonno, La casa delle parole e Tre stagioni di tempesta) scrittrice di vero talento.

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