Vivono insieme come se niente fosse lei che lo vuole morto e lui che non lo sa

La polizia non lo ha informato che la moglie progetta di farlo fuori. E l’uomo ogni sera si fa cucinare la cena

Vivono insieme come se niente fosse lei che lo vuole morto e lui che non lo sa

nostro inviato

a Riva Ligure (Imperia)

Sfumature. E un marito da luoghi comuni diventa un marito da loculi comunali. Piccole, grandi differenze tra un «mio marito l’ammazzerei» e un «mio marito lo farei ammazzare». Uno sfogo finisce lì, non esce dalla chiacchierata con le amiche in palestra. L’altro continua con un se. «Mio marito lo farei ammazzare, se trovassi un amante con le palle per farlo». L’altro è appunto l’obiettivo che si era data Giuseppina da Riva Ligure, 46 anni, decisa a rifarsi un criterio di scelta per l’amante. Ricco, intelligente e montagne verdi negli occhi suoi? Roba superata e soprattutto inutile alla bisogna, meglio altri attributi. I soldi li ha lei, quindi l’amante se lo può permettere anche ex barista e disoccupato. Meglio tosto e con qualche reatuccio sulla fedina penale. E killer.
Era tutto pronto, tutto studiato. Tutto inutile. Perché il piano è fallito, scoperto dai carabinieri per colpa di un sicario sbagliato. E lei, Giuseppina, ora è rimasta a casa, con il marito che, assicurano gli inquirenti, neppure sa niente del piano diabolico. Lei si preoccupa di preparargli cena e di andare avanti come nulla fosse.
Come se non ci fosse stata mai quella scelta difficile, quella lunga ricerca, visto che di amanti ne ha persino dovuti mettere alla prova tanti. «Tutti si sono rifiutati di aiutarmi. Non è la prima volta che ci provo a far fuori mio marito - racconta ai carabinieri di Sanremo che l’ascoltano in caserma -. Ma tutti gli altri hanno fatto tante parole, poi si sono tirati indietro». E lei li cambiava. Fino a trovare nella vicina Arma di Taggia, pochi chilometri da Sanremo, l’amante perfetto. Ora Giuseppina si nasconde nella sua casa di Riva Ligure, quello che aveva da dire lo ha detto ai carabinieri. Lascia suonare il citofono a vuoto, intanto il marito non è in casa e finché non torna può far finta di niente. Le fioriere sul balconcino e qualche fessura della persiana lasciano filtrare solo il buio che vorrebbe indicare un appartamento disabitato. I vicini del palazzone nascosto dalle serre, con i pini marittimi che coprono il torrentello più arido dell’amore svanito di Giuseppina, provano a farle da scudo: «Abita proprio qui la donna che voleva far uccidere il marito? E sta ancora con lui? - chiedono affacciati ai davanzali - Davvero? Non ci risulta». È il ritornello che rimbalza fino al borgo, al centro storico di Riva Ligure. «No, non è di qua. È di Taggia», insistono per rispedire la storiaccia al di là del torrente.
Ma intanto cercano i particolari. Come quello del movente dello sperato omicidio, confessato da Giuseppina ai carabinieri. «Credo sia nato tutto dal rapporto con mia madre, che mi soffocava, mi chiudeva in casa, mi trattava male - ha detto in caserma -. Mi sono sposata per uscire dall’incubo. Ma mio marito è come mia madre. Ultimamente mi picchiava anche. Ucciderlo era l’unica soluzione. A me non interessava il modo in cui il mio amante avrebbe dovuto ucciderlo». E lui, l’amante, che al maresciallo ha detto «di avere qualche furto alle spalle» senza però «essere un assassino», ha pensato di subappaltare il tutto. Ventimila euro e un sicario avrebbe fatto il lavoro sporco. Anticipo subito, saldo dopo il funerale. Ma il sicario era quello sbagliato. L’amante lo ha scovato in stazione ad Arma di Taggia. «Aveva la faccia cattiva», giustifica la sua scelta sbagliata. In realtà il presunto sicario era un agente della polizia penitenziaria del carcere di Arma di Taggia. Che sta al gioco e allerta i carabinieri. Game over.

Finisce tutto in tempo. Per il marito che resta da cliché e continua a gustarsi la cenetta preparata da Giuseppina. E anche per gli amanti diabolici, che non rischiano l’accusa di tentato omicidio. Solo istigazione a delinquere.

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