La radio è di parola, i concorrenti un po meno. Cerco di spiegarmi: La radio è di parola è il concorso radiofonico ideato e voluto da Igor Righetti, il papà del Comunicattivo, che ormai è diventato un classico della radiofonia. Fra laltro, è lesempio tipico di come dovrebbe essere un concorso: i raccomandati, che non mancano mai, sono scartati automaticamente; il premio non è tangibile, ma soltanto ascoltabile, visto che si tratta di una co-conduzione in uno dei programmi di punta di Radiorai, dal calcio allinformazione del Gr1, dalla musica di Gian Maurizio Foderaro alla cultura, da Baobab a Radio anchio di Ruggero Po. Insomma, siamo nellalto dellalto dei cieli radiofonici.
Per conquistare questa co-conduzione - che è assolutamente gratuita, ma certo è pesante dal punto di vista mediatico e dellesperienza - si sono mossi in 1141, centinaia di 18-20enni, ma anche dieci ultrasettantenni, da cui sono usciti sei vincitori. Scelti peraltro da una giuria che andava dai giornalisti specializzati a Pupo, dal re del doppiaggio Luca Ward a un parterre di cinque direttori Rai, da quello della radiofonia Bruno Socillo, a quello di Radiouno Antonio Preziosi a una sorprendente nuova entrata come Paolo Gaffuri, responsabile dei nuovi media di viale Mazzini. Insomma, tutto organizzato benissimo e tutto perfetto. Soprattutto, tutto adatto a far uscire nuove voci e a dare una speranza a tanti ragazzi che, spesso, hanno la disperazione (dal punto di vista professionale) come orizzonte prossimo. Eppure. Eppure, il problema è che tanti, troppi, di quei provini - non certo per colpa degli organizzatori - sono standardizzati, massificati, brutta copia della brutta radio che spesso va in onda a reti quasi unificate.
Probabilmente, la stragrande maggioranza del popolo dei provini de La radio è di parola non lha mai sentito, nè letto. Erano troppo impegnati ad ascoltare cattiva radio.
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