Paura noi? Paura della sinistra che con una bocca dice: sarebbe gravissimo se Berlusconi volesse andare alle urne (Partito democratico); e con l'altra sostiene: è un golpe se Berlusconi non fa le valigie (Italia dei valori). Paura di questi qua? C'è un'unità straordinaria tra popolo (la maggioranza) con la sua espressione politica. Invece dall'altra parte al massimo sono uniti dall'odio, e i loro elettori scannerebbero volentieri la dirigenza. La quale infatti per strada gira impaurita non dai berlusconiani o dai leghisti che non hanno mai fatto male a una mosca, ma dai loro ultras. Capaci, oltre che di stappare spumanti in piazza e champagne nei salotti al caviale, di prendere a calci una loro deputata in carrozzina. Che gente, che civiltà.
Una cosa del resto si è notata subito appena si è appreso che cosa aveva deciso la Consulta. Parlo della Camera dei deputati. Tra quelli del Pdl e della Lega c'era un sentimento di incazzatura come quelle che scaldano la vita. Nessuna depressione, anzi. Si va alle elezioni sì o no? Questo ci si diceva. Prevaleva il «sì che gliele suoniamo». I più saggi si appoggiavano a Bossi: avanti, si lavora. Paura zero. A sinistra invece. A parte la filibusta dell'Italia dei valori grugnenti e festanti, il resto era una mescolanza di goduria e di terrore sulla stessa faccia e nel medesimo momento, una specie di trattato freudiano sul suicidio assistito. Qualcuno ha in mente la barzelletta del bufalo con lo scorpione velenosissimo sulla schiena che attraversa il fiume Congo? La bestia offre un passaggio per il guado, si assicurano la vita reciprocamente, perché se lo scorpione lo punge crepano entrambi. Lo scorpione non resiste e usa il pungiglione. Il bufalo capisce che è finita e urla: «Perché?». Risposta: «C'est l'Afrique». È l'Africa, nel nostro caso è il Partito democratico, è la sinistra. Si ammazzano tra loro. Il punto è che già che ci sono fanno fuori l'Italia.
I seguaci del fu Prodi sanno che colpire Berlusconi per via di giustizia e di Consulta rafforza il consenso del Cavaliere, per via della troppo palese persecuzione; inoltre inietta eccitanti nelle vene di Di Pietro, e lo rende un totem per i delusi di Veltroni, Franceschini, eccetera. Risultato: i deputati del Pd vivono nel terrore. La gente li ferma per la strada, hanno cercato di picchiare a piazza Venezia Ileana Argentin, una bravissima deputata offesa più che dall'handicap da questi mascalzoni, perché non ha votato contro lo scudo fiscale essendo malata, e si vede. Gente così. Per questo il Partito democratico non sa cosa volere. Vuole che il Berlusca muoia, ma piano piano. Non sono pronti poveretti. Ma non resistono, e montano sul falò che brucerà loro invece del Cavaliere, lasciando spazio agli estremisti.
Ieri sul Corriere e sul sito internet compariva un commento di Vittorio Grevi. È un giurista insigne, da sempre vicino al Pci e poi al Pd. Si è lasciato andare: «La Consulta ha usato l'arma radicale». Come dire: l'atomica. Come dire: il fondamentalismo islamico alla Travaglio.
È così. La Consulta ha deciso di scegliere la sovranità delle toghe. La Costituzione prevedrebbe il primato del popolo sovrano, a nostra memoria. Invece i 15 giudici hanno privilegiato la volontà della magistratura di esercitare un diritto di ricatto sulla politica, piuttosto che optare per la democrazia. Non si rendono conto costoro che la democrazia non è un esperimento da laboratorio, in cui ci stanno i tre famosi poteri e stop, in un ambiente asettico e disinfettato. Qui in Italia esiste uno strapotere dei poteri extracostituzionali della finanza e dell'editoria in congiunzione con la magistratura.
Costoro scelgono una parte politica e operano uno sfondamento per via di processi e di tribunali onde assoggettare il potere legislativo ed esecutivo, che sarebbe poi la politica, e oggi la politica ha il suo punto di vertice in Berlusconi. Buttato giù lui, è fatta, l'Italia sarebbe una prateria, dove il primato sarebbe di quel complesso di gente che abbiamo visto al lavoro di questi tempi. Nei mesi scorsi infatti e poi, con un crescendo inquietante, negli ultimi giorni le pressioni contro Berlusconi e sulla Corte costituzionale si sono fatte pesantissime e insieme pedantissime. La volgarità delle escort e delle interviste tivù alle prostitute è andato di pari passo con le esibizioni dei parrucconi del latinorum. Berlusconi ha retto. La Consulta si è piegata volentieri memore di chi l'ha messa lì: presidenti di sinistra soprattutto. Ha ceduto e si è conformata al pensiero delle correnti estreme della magistratura, al partito editorial-finanziario di De Benedetti, a quello di Di Pietro-Travaglio-Santoro.
Così i 15 giudici hanno sentenziato: c'è un problema di uguaglianza nel Lodo Alfano, l'articolo tre della Costituzione sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e nessuno, neanche il premier è al di sopra, Alfano la nega. Giusto. C'è un problema di uguaglianza in Italia. Ed è questo: sarebbe il caso che Berlusconi fosse trattato come tutti i cittadini da parte dei pm. Invece, in nome dell'uguaglianza, la Corte costituzionale ha aperto le porte di Palazzo Chigi alla solita orda di magistrati rossi, che sono una minoranza, ma hanno una forza organizzativa e una furia ideologica dominanti. Sarà mica uguale agli altri uno che da quando è al governo, non prima, si è visto assediare da indagini, perquisizioni, processi a ogni ora del dì e della notte, in qualsiasi Procura della Penisola isole comprese? Magari fosse uguale.
Allora l'uguaglianza la fa il popolo. Elegge il Parlamento, almeno per ora. E il Parlamento usando tutte le regole e le prudenze del mondo, ha il dovere di difendere la sovranità del pueblo. Olè!
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