«Non ti conoscevo, a dire il vero non sapevo neanche che esistevi, però... forse tu sai che voglio dire... Ciao Roberta». Oppure: «Triste il mondo in cui viviamo e cresciamo, pieno di persone così stupide da nn saper dare valore alla vita. Rinkiudetelo sto koglione!!!». E ancora: «Io Roberta non la conoscevo ma credo che non si debba morire a 20 anni o poco più! Credo che i genitori non debbano mai piangere la morte dei propri figli, credo che le case non debbano più sentire il gelido vuoto di una perdita! E credo che i bastardi senza testa dovrebbero essere sbattuti dentro perché è omicidio!! Non è un incidente!».
Sono passati dieci giorni dal venerdì sera in cui Roberta Caracci è stata uccisa a 24 anni, su una strada di Bollate, da un pirata della strada drogato e impasticcato. Sabato scorso la ragazza è stata sepolta, dal pulpito hanno letto «Il piccolo principe», poi qualcuno ha messo «The River» di Bruce Springsteen.
Ma la tragedia di questa ragazza - minuta, sorridente e tosta, una vita di studio, di lavoro e amici - non è stata archiviata come le 10mila storie di vittime della strada. Perché per la prima volta intorno alla morte di Roberta è nato un gruppo su Internet. Un gruppo su Facebook, uno di quelli che si radunano lungo il web per le cause più nobili o strampalate. E che questa volta si chiama semplicemente «Tributo a Roberta Caracci». Fino a ieri sera, si erano iscritti in 2mila194. Sono quasi tutti giovani, lo si capisce dalle fotografie, dalla punteggiatura, dalla grafia sincopata. C’è chi di Roberta era amico, chi la conosceva appena, chi della sua esistenza ha saputo solo dopo la sua morte. Molti lasciano sulla bacheca elettronica di Facebook solo un ricordo, un pensiero di dolore: «Ciao dolce Roby, ci manchi». Ma i messaggi più numerosi sono quelli di chi chiede giustizia. Sono messaggi aspri e duri. Ma che raccontano meglio di molte inchieste la distanza che, davanti a queste tragedie, separa il paese reale dalle indulgenze della politica.
L’uomo che guidava la Fiat Marengo piombata a cento all’ora sulla 500 di Roberta è ancora in carcere. Si chiama Alessandro Mega, fa l’operaio in un’azienda di pompe funebri. La patente gli era già stata ritirata da mesi. Il giorno dell’incidente aveva mischiato hashish e Xanax, un ansiolitico che usava per combattere lo stress da cocaina, e dello schianto dice di non ricordare nulla. Per questo, e per il pericolo di nuovi disastri, il giudice Guido Salvini gli ha finora rifiutato gli arresti domiciliari. Ma il suo difensore nei prossimi giorni tornerà a chiedere la sua scarcerazione. Codice alla mano, è possibile che la ottenga.
Se dovesse andare a finire così, non sarà facile spiegarlo al popolo di Facebook, ai ragazzi del «Tributo a Roberta». Ad Annalisa che scrive «Io spero solo che gli diano l’ergastolo!», o a Jessica che dice «bisognerebbe finalmente agire di fronte a queste tragedie, Basta giustificazioni, scrupoli, riduzioni di pene. Massima pena per chi commette simili reati!!!». A Federica: «Credo che i bastardi senza testa dovrebbero essere sbattuti dentro».
A Vittorio: «Cosa si fa contro questi incoscienti deficenti di merda??? Niente!!!». O a Stefania che dice «la famiglia non potrà mai darsi pace, perchè viviamo in un paese di merda che protegge persone di merda! La verità è che non gli faranno niente» e conclude chiedendo «la pena di morte per quel bastardo». A Gabri che scrive «dopo un anno questo sarà fuori, e chi si è visto si è visto».
Ad Alice che dice: «Vogliamo giustizia, ma ci fidiamo dell'uomo? Io sono fiduciosa nella giustizia “divina”, quella per cui tutto torna. Spero sia una vendetta più efficace». Bisognerà spiegarlo a Vanessa, che scrive: «quel disgraziato si merita l’inferno».
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