Le «voglie» di Rifondazione danno ragione alla Cdl

Il giornale «Liberazione»: inizia la battaglia per spostare a sinistra l’Italia. Berlusconi: Bertinotti sarà un presidente politicizzato

da Roma

Quanto vale l’elezioni di Fausto Bertinotti alla presidenza della Camera lo spiegava ieri Piero Sansonetti, direttore di Liberazione. «Molto e per vari motivi», scriveva nell’editoriale del quotidiano di Rifondazione comunista. Il perché è presto detto, e Sansonetti lo scadenza in tre diverse motivazioni. Che, di fatto, fanno il paio con il discorso di insediamento di Bertinotti sullo scranno più importante di Montecitorio, un intervento che nella Casa delle libertà i più hanno considerato troppo di parte.
Giudizio su cui, salve forse l’avverbio «troppo», deve essere d’accordo anche Liberazione. Che, non a caso, vede nell’elezione del leader del Prc alla presidenza della Camera un passaggio che «segna, in modo anche simbolico, lo spostamento a sinistra dell’Unione». Insomma, un modo per riconoscere alla «componente radicale dell’alleanza di centrosinistra un ruolo decisivo e di direzione». E utilizzando un termine caro a Marco Follini, Sansonetti spiega che c’è stato un segnale di «discontinuità» rispetto al primo governo Prodi e ai governi di D’Alema e Amato. La seconda motivazione, invece, più che un’analisi dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato è una speranza. E cioè che la «ragionevolezza» che «alla fine ha prevalso» alla fine «resista anche nei prossimi cinque anni». La terza ragione dell’importante valore simbolico dell’elezione di Bertinotti sta nel discorso d’insediamento a Montecitorio del leader del Prc. Da una parte «il rifiuto della politica come espressione del binomio “amico-nemico”» (non nel senso di un’apertura a soluzioni bipartisan, precisa Sansonetti), dall’altra l’individuazione di «quattro o cinque cose certe» su cui lavorare (salvezza della scuola, diritti del lavoro, difesa delle differenze, valore assoluto della pace e della Costituzione).
E in tutto ciò, sottolinea con premura Sansonetti, «badate che non c’è nulla di retorico. Anzi, c’è la «richiesta di impegno serio dell’Unione e la proposta di dialogo alle altre componenti del Parlamento». Che, se fosse, però non si è ancora aperto. Né sulla partita delle presidenze delle Camere (ormai chiusa), né tantomeno sul Quirinale. Anzi, proprio nella nomina del futuro capo dello Stato, Romano Prodi è tentatissimo dall’andare avanti a maggioranza, ignorando di fatto l’altra metà del Paese che non l’ha votato e smentendo le sue ripetute dichiarazioni di apertura («sarò il presidente di tutti», ha ripetuto più volte).
Così, le considerazioni di Silvio Berlusconi - seppure non ufficiali - sull’elezione di Bertinotti e sul suo discorso d’insediamento non sembrano poi troppo fuori registro. «Detterà l’agenda al governo - aveva detto il premier ai suoi - e sarà un presidente della Camera politicizzato. Insomma, resterà il punto fermo di Rifondazione comunista e girerà l’Italia solo per predicare l’antifascismo e la lotta sociale».

Dunque, nessun bilanciamento, al punto che - ricordava il Cavaliere - «nel suo discorso d’insediamento si è pure dimenticato di salutare una figura istituzionale come quella del premier».
In qualche modo la conferma arriva dalla prima pagina di Liberazione. Che nel titolo dell’editoriale di Sansonetti è più che eloquente: «È iniziata la battaglia per spostare il Paese a sinistra».

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