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Vogliono chiamare il figlio Venerdì Il giudice impone Gregorio Magno

da Genova

«Corri qua, Venerdì. Dammi un bacio!». E subito lui - un’esplosione di energia, capelli biondi e occhi chiari come mamma Mara - si mette a gattonare di gran lena in cucina per conquistarsi il trofeo: una robusta dose di quei biscotti che gli piacciono tanto. «Figuriamoci se gli cambio nome» fa la mamma, con una punta di acredine. E spiega: «Da quando nostro figlio è venuto al mondo, io e mio marito l’abbiamo voluto così, registrandolo regolarmente all’anagrafe con questo nome. E Venerdì, ormai, s’è abituato, risponde sempre. Non ci penso proprio a dare retta ai giudici. Ma ci pensate? Vogliono obbligarci a chiamarlo Gregorio Magno! Come il santo che era papa, o qualcosa di simile».
No, Robinson Crusoe e il suo fedele amico-servitore non c’entrano. C’entra invece, eccome, il decreto del presidente della Repubblica numero 396 dell’anno 2000, che ha introdotto il nuovo regolamento di stato civile, vietando, in particolare, l’attribuzione di nomi che fanno riferimento al sesso o sono «ridicoli e vergognosi». Ecco perché, secondo i magistrati del tribunale di Genova, Venerdì non può chiamarsi così: o i genitori provvedono a cambiargli i connotati anagrafici, oppure - questa la sentenza appena pronunciata - saranno gli stessi giudici ad appioppare al bimbo, secondo normativa vigente, il nome del santo del giorno. Che significa: Venerdì è nato il 3 settembre scorso, quindi si deve chiamare Gregorio Magno. A prova di calendario gregoriano.
Mamma Mara ha anche provato a dirgli, al suo batuffolo di energia: «Corri qua, Gregorio Magno. Dammi un bacio!». Lui non s’è neanche mosso, lei si è ancora di più incavolata, e ha giurato: «Non se ne parla nemmeno! Venerdì era, Venerdì è e così resterà per sempre. D’altronde, ha già ricevuto tanto di codice fiscale, e anche il parroco ha sorriso, sì, ma non gli ha certo negato il sale e l’acqua santa. E poi, che ne dite di Totti che ha chiamato la figlia Chanel?». Papà e mamma, perfettamente d’accordo, hanno deciso di resistere, fino all’ultimo grado di giudizio, convinti di avere più di un asso nella manica. A partire da quello che è successo quando si sono recati all’anagrafe e hanno cominciato a confrontarsi con l’ordinaria burocrazia. Allora, otto mesi fa, nessuno aveva sollevato eccezioni: l’addetta allo sportello si era messa a trascrivere nel registro e poi nel computer il nome scelto dai genitori. Solo che aveva anche avvertito: «Ai sensi di legge vigente, devo fare una segnalazione alla procura, in quanto il nome Venerdì rientra nella categoria di quelli ridicoli o vergognosi». Da lì comincia l’odissea: la pratica finisce sul tavolo del sostituto procuratore Piercarlo Digennaro che l’inoltra al tribunale di famiglia che la spedisce alla camera di consiglio... Nel frattempo mamma e papà vengono convocati ripetutamente dai giudici che cercano di convincerli a «ribattezzare» civilmente il pupo. Poi partono i ricorsi e gli appelli. E ora si aspetta la sentenza definitiva. Che però è destinata a rimanere inapplicata, almeno fra le mura domestiche. Su questo, i genitori si mostrano decisi a tutto: «Il nostro primogenito è Venerdì. Punto».

Se mai, ammettono, si può discutere sull’eventuale, auspicato secondogenito: «Abbiamo già pensato a Mercoledì - sibilano, a mezza voce, ma sempre all’unisono, e dando un’occhiata al calendario -. L’unico problema sarà che nasca, che so?, il 3 giugno. Saremmo costretti a chiamarlo Trinità...».

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