Vola il Pil Usa grazie ai consumi e alle imprese

Nel terzo trimestre crescita del 4,3%, nonostante gli uragani e il caro-petrolio. Inflazione sotto controllo

Vola il Pil Usa grazie ai consumi e alle imprese

Rodolfo Parietti

da Milano

Cresce. Più del previsto, incurante degli uragani. E senza grosse tensioni inflazionistiche. Sembra il migliore dei mondi possibili, l’America. Un Paese in cui i consumi, autentico pilastro che regge l’economia a stelle e strisce, aumentano; e dove le imprese investono, pur dovendo fare i conti con utili in calo. In fondo, è tutto qui il segreto dell’inatteso balzo del Pil nel periodo luglio-settembre. Un più 4,3% che nella seconda stima resa nota ieri dal dipartimento al Commercio Usa surclassa il pur ottimo risultato della prima rilevazione (3,8%), coglie di sorpresa gli analisti che avevano scommesso su un ritocco verso l’alto ben più contenuto (4%) e diventa la miglior performance dal primo trimestre 2004.
Mai, nel corso del 2005, l’economia americana si era espansa a questi ritmi. Senza tener conto delle mediocri prestazioni dell’Europa, il risultato è di assoluto rispetto perché è stato ottenuto pur in presenza di una politica monetaria sempre più rigida, nonostante la scia di devastazione lasciata dal passaggio degli uragani Katrina e Rita e durante la fase più calda del caro-greggio, con la benzina schizzata oltre i due dollari il gallone. Un tris velenoso che, in linea teorica, avrebbe potuto impattare sui comportamenti di consumatori e imprese. La frenata, invece, non c’è stata: le spese private sono salite del 4,3%, quella delle aziende di un solido 10,5%, malgrado i profitti siano caduti del 3,7%, la contrazione più sensibile degli ultimi quattro anni. L’incremento dei consumi da parte delle famiglie può essere spiegato con la migliorata situazione del mercato del lavoro. A questo proposito sono attesi con particolare interesse i dati di domani sui nuovi posti creati in novembre; gli economisti puntano su 215mila nuovi impieghi, una cifra nettamente superiore ai 50mila di ottobre.
L’accelerazione del Pil non ha comunque avuto ricadute negative sull’inflazione. L’indice Pce core, il più monitorato dalla Federal Reserve, è stato corretto al ribasso da 1,3 a 1,2%. Questo livello è il più basso da oltre due anni, e pone l’interrogativo se davvero sia ancora necessaria un’azione di contrasto dell’inflazione da parte della Fed attraverso il rialzo dei tassi. All’interno della banca centrale Usa, del resto, il dibattito sull’opportunità di serrare ulteriormente le viti del credito è da tempo aperto.

E per Ben Bernanke, prossimo successore di Alan Greenspan, non sarà facile imporre l’inflation targeting. William Poole, presidente della Fed di St. Louis, lo ha già messo sull’avviso: «La politica monetaria - ha detto - non deve essere schiava di target».

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