Una voragine da 14 miliardi scavata coi bond fasulli

I guai giudiziari dell’ormai ex cavaliere (il presidente della Repubblica gli ha revocato l’onorificenza) Calisto Tanzi cominciarono il 27 dicembre del 2003 quando fu arrestato a Milano: erano gli albori dell’inchiesta sul gigantesco crac da 14 miliardi di euro del gruppo Parmalat, la società che in meno di mezzo secolo era passata dall’essere una piccola azienda di Collecchio a un impero economico e alimentare multinazionale sul quale non tramontava mai il sole.
Il processo, che coinvolge decine di migliaia di piccoli risparmiatori che hanno acquistato bond Parmalat senza conoscere lo stato di salute dell’azienda che, nonostante le garanzie, era diventato pessimo, si è sostanzialmente diramato in due tronconi: quello più strettamente legato alle turbative di mercato si è svolto a Milano; quello sul complicatissimo intreccio che ha portato al crac di quella che la procura ha definito «la più grande fabbrica di debiti della storia del capitalismo europeo» è in corso a Parma.
A Milano, Tanzi è stato condannato a dieci anni (sentenza confermata in appello) per aggiotaggio, ostacolo all’attività degli organi di vigilanza e falso in bilancio. Gli è in pratica stato contestato il fatto di aver dato false comunicazioni al mercato facendo risultare sana un’azienda che sana non era: con il risultato che i titoli emessi per essere «piazzati» ai piccoli risparmiatori, erano carta straccia. La richiesta di arresto è legata anche alla vicenda dei quadri d’autore occultati da Tanzi in vari modi che sono stati scoperti negli ultimi mesi.
A Parma, invece, Tanzi è accusato insieme al fratello Giovanni, all’ex direttore finanziario Fausto Tonna e a quasi tutti gli ex amministratori dell’azienda, di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta.

È qui che si è cercato, in un processo andato avanti per quasi tre anni (e che ha alcuni filoni secondari nell’ambito dei quali si è indagato su società o vicende specifiche) di far luce su cause, eventi e comportamenti che hanno portato al default.

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