"Vorrei impiegare l’esercito per pattugliare le metropoli"

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa: "Penso a squadre miste di soldati e forse dell'ordine. All'estero svolgono questo compito in maniera egregia"

"Vorrei impiegare l’esercito per pattugliare le metropoli"

da Roma

Ministro La Russa, la querelle con la Spagna è già alle spalle?
«La dichiarazione ambigua della vicepresidente del Consiglio spagnolo Fernández de la Vega è stata rettificata e minimizzata dal premier Zapatero. Visto che si tratta di un esecutivo di centrosinistra, quante volte in Italia un ministro ha detto cose che non rispondevano al pensiero generale del governo Prodi? Per me l’episodio è chiuso: accusare l’Italia di xenofobia vuol dire avere una visione provinciale e non conoscerne la storia».
Il ministro Bossi ieri ha detto che «gli spagnoli sono stati i primi a sparare sugli immigrati».
«Bossi è Bossi. Sappiamo che non aveva l’intento di creare un incidente ma di esprimere un suo pensiero. Credo che sia opportuno distinguere i due piani».
L’Italia potrebbe invece seguire l’esempio spagnolo utilizzando le Forze armate per contrastare l’immigrazione clandestina?
«Ho lanciato questo sasso nello stagno e in un sondaggio oltre l’80% dei cittadini ha risposto positivamente. La proposta, però, potrebbe essere interpretata strumentalmente come militarista se non fosse presentata in maniera adeguata. Vorrei che ci fosse soprattutto un largo scambio di opinioni con il presidente della Repubblica. Sarò io stesso a spiegargli la mia idea base e lo farò nei prossimi giorni se vorrà concedermi udienza».
Come si articola il suo progetto?
«La parte più importante di questa ipotesi non è la presenza dell’esercito ma sono gli strumenti per sopperire alla carenza di risorse per dare ai cittadini ciò che chiedono, ovvero vedere più Stato sul territorio. Siamo andati in quella direzione con i carabinieri e i poliziotti di quartiere, abbiamo effettuato un dispiegamento di energie con la retata dei giorni scorsi. Ci vogliono più persone in divisa».
Quindi si tratta di sopperire a una carenza?
«Cosa è più semplice fare? Reclutare più poliziotti e carabinieri? Io ho immaginato che in questo compito potesse essere coinvolto l’esercito in pattuglie paritetiche di 4 unità composte al massimo da 2 militari affiancati a carabinieri, Polizia, Guardia di finanza e anche vigili urbani se prefetti e sindaci vorranno».
Tecnicamente come funziona?
«Ho formalizzato un emendamento. Se non dovesse essere accolto ove non si riconoscessero i motivi di necessità e urgenza, potrà essere presentato come disegno di legge ad hoc. Si prevede una sperimentazione iniziale in 6-7 città metropolitane per un rafforzamento del pattugliamento pomeridiano e notturno. Il presidente del Consiglio, sentiti i ministri competenti, autorizzerà i prefetti all’impiego delle Forze armate. Una volta autorizzati, il Consiglio dei ministri approverà le modalità di impiego: la durata è di sei mesi con possibilità di proroga e obbligo di riferire alle commissioni competenti di Camera e Senato. Si potrà così incrementare senza costi eccessivi il numero di persone a presidio del territorio (al massimo 2.500 unità per un costo di 15-20 milioni di euro, secondo fonti parlamentari). Non saremmo d’accordo se si proponessero pattugliamenti di soli uomini dell’esercito».
Le Forze armate sono pronte a questa eventuale missione?
«Oggi l’esercito è professionale e ha la preparazione specifica: in Afghanistan, Irak e Libano sono state effettuate azioni di polizia in situazioni ben più difficili. Mi sono consultato con il capo di Stato maggiore della Difesa generale Camporini e con tutti gli alti ufficiali: c’è la disponibilità a mettersi al servizio della patria. L’operazione “Vespri siciliani” ha già dimostrato che i cittadini apprezzano la presenza dei militari».
Lei ha anche proposto di utilizzare le caserme come Cpt.
«Ho consegnato un elenco specifico di caserme disponibili al sottosegretario Letta. Denominarle “centri di identificazione ed espulsione” è una proposta dell’onorevole Ascierto, già maresciallo dei carabinieri. Non sono centri di accoglienza, ma sono luoghi di contenimento dai quali non si deve poter scappare perché le persone che vi sono ospitate non hanno fornito elementi utili per l’identificazione e quindi per il rimpatrio. Fa bene il ministro Maroni a immaginare un periodo di permanenza assai più lungo, altrimenti diventano un luogo per rimetterli in libertà.

Al danno si aggiungerebbe la beffa: hanno la solidarietà dei soliti noti, ci costano e dopo 90 giorni escono tranquilli e riposati».
Quante sono le caserme individuate?
«Il numero massimo è di 13 suddivise per Regioni. Lo scopo è supplire alle emergenze nelle Regioni dove ancora non sono operativi questi centri».

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