Politica

Voto di sfiducia per le star in toga

Come metafora varrà poco, ma l’atteggiamento degli italiani di fronte alla giustizia sembra quello dei medesimi di fronte al campionato di calcio: scetticismo, sfiducia, stanchezza, sensazione che tutto possa accadere, che gli arbitri influenzino troppo il risultato, che ogni opinione sia ridotta al rango di tifo e di bandiere. Troppe urla in campo e in televisione, troppe star sotto i riflettori, troppi mediani che invece si sbattono e stanno zitti, troppi giornalisti-tifosi che raccontano le partite a modo loro: così, perlomeno, appare la giustizia dei lustrini e dei rotocalchi.
La giustizia, ossia, di un magistrato di Potenza che si concede alla ribalta anche se le sue inchieste non reggono al vaglio dei fatti; la giustizia di un magistrato di Catanzaro che ufficialmente rifugge le folle ma poi concede cinquecento interviste per lamentare che i poteri forti ce l’hanno con lui; la giustizia della magistrata di Milano che lamenta di continuo minacce e intimidazioni sicché nessuno le chiede conto delle sentenze sul terrorismo, sue, bocciate giusto il giorno prima. Un frastuono generale dove rischia di passare inosservata, persino, la notizia che Silvio Berlusconi è stato definitivamente assolto dall’accusa d’aver corrotto i giudici romani per sfilare la Sme a Carlo De Benedetti: una faccenduola che ci ha mediaticamente inchiodato per dodici anni.
L'elenco potrebbe anche continuare, ma così non la diremmo tutta: i dati, infatti, sono troppo clamorosi. Il 55,8 per cento degli italiani ritiene che la magistratura agisca con fini politici, il 66,4 che non sia imparziale, il 46,3 che i giudici non meritino alcuna fiducia, ebbene: solo la classe politica e giornalistica del nostro Paese potrebbero pensare che una sfiducia del genere dipenda da ciò che gli italiani leggono sui giornali, e non da ciò che vivono invece sulla propria pelle: la giustizia ossia delle gente comune, quella delle cause che durano quindici anni, dei reati regolarmente prescritti, la giustizia di chi viola la legge confidando appunto sulla lentezza dei tribunali: la giustizia, soprattutto, dei tantissimi e normalissimi italiani che la sera hanno fretta di tornare a casa perché potrebbero incrociare uno dei migliaia di condannati che senza indulto sarebbero ancora tra le sbarre. E non per caso. L’indulto è stato motivato da nobili ragioni, le carceri scoppiavano, vero: ma stanno costruendo nuove carceri? Perché non un soldo delle finanziarie va mai all’edilizia carceraria? E delle carceri inutilizzate chi risponde? Tutte domande non estranee, forse, ai tristi esiti del nostro sondaggio.

La giustizia politica, al dunque, è solo un aspetto del problema: le starlette in toga, i Woodcock e i De Magistris e le Forleo, per gli italiani non sono che attori di un mondo irreale, non certo i protagonisti di un mondo reale che possa davvero riguardarli: e che si chiama giustizia italiana.
Filippo Facci

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