Voto Ue La frenata sulla riforma elettorale spiazza la sinistra

Roma Da un lato le critiche men che velate espresse dal Quirinale, dall’altro il voto segreto e i possibili agguati di franchi tiratori della maggioranza: l’iter parlamentare della riforma elettorale europea era diventato un percorso a ostacoli, e ad alto rischio. Anche perché è venuta a mancare la sponda del Partito democratico, che pure - accusano dal Pdl - aveva dato un assenso iniziale alla proposta. Salvo poi tirarsi indietro per le forti divergenze interne (D’Alema capitana il fronte anti sbarramento e pro-preferenze, e ieri con Casini e Rutelli ha riunito a Roma un’assemblea di parlamentari anti-riforma) e per non smentire Napolitano.
Così ieri Silvio Berlusconi ha tirato il freno, spiegando che sul provvedimento serve una «convergenza» più larga, e la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha rinviato in commissione il testo già all’esame dell’aula.
Ora il Pdl punta a stanare l’opposizione: «I lavori della commissione possono diventare le forche caudine per Pd e Di Pietro», confida il ministro leghista Roberto Calderoli. Dalla maggioranza infatti è tutto un coro: a noi va bene la legge che c’è, il problema è tutto del Pd, dunque tocca a loro fare una proposta. Veltroni non raccoglie la «minaccia del premier» e annuncia: «Anche a noi va bene la legge così com’è, se non si trova un accordo».
La legge attuale prevede le preferenze e soprattutto uno sbarramento che permette anche ai piccolissimi partiti di ottenere rappresentanza a Strasburgo. Le forze della ex Unione, dunque, finirebbero per presentarsi tutte, dal Prc ai Verdi, dai Radicali ai Socialisti. Sottraendo voti preziosi per Veltroni, perché se il Pd calasse sotto il 30% per lui i contraccolpi interni sarebbero pesanti.

Ma preziosi anche per Di Pietro, che conta di ingrassare la sua lista a spese della ex sinistra Arcobaleno, e dunque è (nascostamente) interessato anche lui a uno sbarramento. «Sul 4% non credo che avremmo problemi - dice Stefano Ceccanti, Pd -, il problema sono le preferenze. Anche se restringendo i collegi elettorali si potrebbe sterilizzarle».

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