MilanoDirigeva la rivista «Magistratura Tributaria». Partecipava a dibattiti. Sedeva nel comitato direttivo centrale dellAssociazione magistrati tributari. Insomma, fino alle manette di ieri mattina il dottor Saverio Masi - nato settantacinque anni fa tra i castagni di Arsoli, tra Roma e la Marsica - era una figura di un certo risalto in quel mondo ignoto ai più che si chiama magistratura tributaria: quelluniverso di magistrati effettivi, di avvocati, di ex ufficiali della Finanza che in tutta Italia fa da giudice dappello contro le ingiunzioni del fisco. Un mondo di cause dove ballano milioni in quantità. Ma in silenzio, lontano dai riflettori della cronaca.
E in silenzio, con la complicità di un giovane consulente, il dottor Masi avrebbe cercato di mettere a segno un colpo da quarantamila euro. Una tangente in cambio di una sentenza. Ma la coppia ha malauguratamente sbagliato indirizzo. È andata a bussare alla porta di unazienda a stelle e strisce, la Ge Betz, una costola del colosso General Electric, dotata di un robusto codice etico: «Ed è in base a quel codice - dice ora lavvocato degli americani, Rosari Minniti - che lazienda ha respinto il ricatto e ha acquisito le prove per la denuncia».
Prove inequivocabili. Perché lamico del giudice Masi, un consulente napoletano di nome Eugenio Mariani, si è presentato nello studio dei legali della General Electric. I quali si erano preparati alloccorrenza con telecamere e microfoni nascosti. Qui, senza tanti giri di parole, Mariani avanza la richiesta: una consulenza fasulla, da pagare metà in contanti e metà estero su estero, in cambio di una sentenza favorevole. Il giudice è daccordo, gli chiedono, o questa è una iniziativa sua? E lui, papale papale: «Più sua che mia. La facciamo insieme, assolutamente». Quanto volete? «Diciamo quaranta». Le microspie, implacabili, registrano tutto. E il file audio viene consegnato quattro giorni dopo alla Procura della Repubblica.
Eppure la partita in gioco, per la General Electric, era abbastanza rilevante da rendere conveniente un accordo sottobanco. Al centro del ricorso tributario cera una questione tecnica: la deducibilità dalle dichiarazioni dei redditi degli interessi su un finanziamento. Poche migliaia di euro, nella causa sottoposta al vaglio del giudice Masi. Ma se il principio fosse stato sancito, nei bilanci dei quattro anni successivi gli americani avrebbero risparmiato milioni di tasse. E il giudice e il suo amico ne sono pienamente consapevoli. Così scatta la richiesta di tangente. Allinizio i legali dellazienda si fingono disponibili. Poi, in una brusca telefonata, comunicano di averci ripensato: «Ho riflettuto molto a questa offerta, e insomma ho dei problemi seri». Dallaltra parte, Mariani non fa una piega. Ma il 22 gennaio arriva la vendetta: la Commissione Tributaria di Latina si riunisce, esamina il ricorso degli americani e lo respinge in pieno. Il giudice Masi, appena emessa la sentenza, chiama il suo amico sghignazzando: «Eh eh si è incazzata la Ge Betz!». E i due ridono, tutti contenti dellimpresa.
Ieri mattina vengono arrestati, su richiesta dei pm Maurizio Romanelli e Stefano Civardi e su ordine del giudice Guido Salvini. Tra sei mesi Saverio Masi sarebbe andato in pensione. Invece finisce in cella, nonostante letà avanzata: per avere leso «non solo il privato, ma anche l'immagine e il rispetto verso la giustizia tributaria».
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