Quel che colpisce, di fronte a Wagner, è il silenzio pressoché assoluto che si crea in sala: la platea del Carlo Felice, martedì sera, aveva davvero un qualcosa di mistico, immersa nella penombra della scena e investita dal flusso continuo e intenso della musica del «Tristan und Isolde». È vero, da registrare è inevitabilmente la scarsa affluenza di pubblico, vuoi le quattro ore e cinquanta di spettacolo, vuoi il timore che la figura di Wagner suscita negli animi, vuoi anche un certo pregiudizio che lega (assai erroneamente) il nome del compositore alla noia e alla pesantezza.
Insomma, fatto sta che la «piazza» era poco affollata, per non dire della galleria, da cui faceva capolino solo una manciata di spettatori.
Quel che si dice «pochi, ma buoni», visto che chi c'era ha gradito e nonostante la mezzanotte scoccata ha applaudito con calore interpreti (vocali) e protagonisti. Di indubbia efficacia la scena buia e statica (Maurizio Balò), perennemente dominata dalla chiglia della nave e dal gioco volutamente dinamico delle luci.
Regia (Gianluigi Gelmetti) assolutamente delicata e rispettosa del dramma, con riserva sui flash illustrativi, a nostro avviso superflui: tanto più che non solo Wagner, ma lo stesso Gelmetti ha affermato in prima persona il ruolo evocativo della musica, diffidando delle «traduzioni» visive. Unico neo, del resto, in un'esecuzione di alto livello, a partire dai cantanti.
Eccezionale Tristan (Ian Storey), una voce squillante e decisa, tecnica salda, musicalmente ineccepibile, uniti ad uno spessore drammatico notevole; e accanto a lui una splendida Brangäne (Hermine May), bellissima voce, calda, con una sonorità morbida e piena.
Leggermente più discontinua Isolde (Jayne Casselman), con un registro medio alto non sempre impeccabile che ne ha compromesso la delicatezza di emissione; a parziale sua discolpa porteremo l'intensità eccessiva di alcuni passi in orchestra, che a tratti ha creato un certo squilibrio tra buca e palcoscenico, coprendo le voci. Buon personaggio per Marke (Frode Olsen), anche se non particolarmente elegante la resa vocale.
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