Walter alza il tiro: Silvio ispira odio e offende lo Stato

Il leader del Pd perde la calma e accusa: "Il mio avversario ha uno scarso senso delle istituzioni". Poi prende le distanze da Prodi: "Non ci sono modelli, ciascuno è se stesso e io ho il mio programma"

Walter alza il tiro: Silvio ispira odio e offende lo Stato

Roma - È la tappa napoletana del tour di Walter Veltroni a segnare il ritorno della campagna elettorale nei binari consueti. Con le polemiche sulla lettera a Silvio Berlusconi ancora vive (nella missiva chiedeva all’avversario politico di mostrargli un certificato di buona salute repubblicana), il candidato premier del Partito democratico ha rilanciato sul tema del rispetto delle istituzioni sostenendo che il leader del Popolo delle libertà non ha il senso dello Stato.
Gli spunti sono arrivati dal caso Mangano, dalla frase di Berlusconi sul Quirinale e da quella sui giudici. Materiale da spendere nelle interviste e in Piazza Plebiscito, dove ha tenuto un comizio seguito da un concerto di Antonello Venditti; utile a dimenticare le contestazioni dei tassisti che lo hanno accolto appena arrivato nella città del Vesuvio. Buone anche per far passare in secondo piano la crisi della ’munnezza e la stretta di mano con Antonio Bassolino.

Silvio Berlusconi ha «uno scarsissimo senso delle istituzioni e dello Stato», e ne sono «testimonianza» la proposta di test sulla salute mentale dei Pm, ma anche «l’elogio di Mangano, condannato per reati molto gravi». La proposta di verificare la sanità mentale dei pubblici ministeri, aggiunge, è «una delle tante forme in cui scarica l’odio nei confronti della magistratura». Non va giù nemmeno il discorso sulle nomine nelle più alte cariche istituzionali. «Oggi si è avuto l’ardire di dire che per dare la presidenza di una Camera all’opposizione bisogna che il presidente della Repubblica dia le dimissioni - ha detto Veltroni - questa è la concezione dello Stato del principale esponente dello schieramento a noi avverso».

Appelli che sembrano puntare all’elettorato moderato per convincerlo che il Pdl non è la scelta giusta. Ma che sono poi condite da frasi che ricalcano termini tipicamente berlusconiani, come è successo a Porta a Porta: «I miei avversari hanno detto cose in generale ispirate ad un principio: l’odio». O, addirittura, da iniziative che ricalcano il pezzo forte di Forza Italia nella campagna elettorale del 2001, il Contratto con gli italiani. Nel caso del Pd è diventato la raccolta di tutti i disegni di legge che Veltroni vorrebbe presentare al primo consiglio dei ministri, consegnata a Bruno Vespa.
Ancora una volta i riflettori vengono puntati sulla Lega nord che secondo il segretario del Pd, in caso di vittoria del Pdl, deterrebbe la «golden share» della maggioranza. Cioè sarebbe determinante. E questa volta l’obiettivo è convincere i cittadini del Lazio, regione in bilico.

Quando il tema diventa quello dei brogli il candidato del Pd perde la pazienza e rompe una delle regole d’oro della sua campagna elettorale, quella di non nominare mai direttamente l’avversario: «Le pare - dice a Bruno Vespa - che Berlusconi possa governare il Paese? Dal ’94 parla di brogli che si realizzano solo se perde. Bisogna finirla perché è una messa in discussione per creare tensione».
Ce n’è anche per Prodi. Proprio nel giorno in cui anche Rosi Bindi, prodiana doc, gli ha riconosciuto di avere azzeccato mossa nel presentarsi senza la sinistra radicale, Veltroni, questa volta a Studio Aperto, prende le distanze dal premier uscente. «No, non ho modelli, non ci sono modelli, ciascuno è se stesso. Io ho le mie caratteristiche, il mio modo di fare, il mio programma, i miei contenuti».

Nell’importante giornata elettorale di Veltroni c’è anche un colpo mancato. La candidatura a ministro di Anna Maria Artoni, ex presidente dei giovani industriali che respinge gentilmente e immediatamente l’offerta. In sintesi: «grazie, ma sono impegnata». Poteva comunque andare peggio.

Anche perché la tappa di ieri era la più difficile e temuta da Veltroni, quella della Napoli dell’emergenza rifiuti. L’imbarazzo dell’incontro con i vertici dei governi locali è stato superato con la scelta meno scontata, solidarietà a Bassolino e un lungo abbraccio a Rosa Russo Jervolino. La tesi è quella nota del «nessuno può dire “io non c’ero“.

Nessuno si può chiamare fuori», con l’aggiunta di una citazione di Edoardo De Filippo: «Ha da passà ’a nuttata» che per Veltroni «è un’indicazione di volontà, la notte passerà se noi la vorremo far passare». Di sicuro Veltroni ha superato la sua di nottata. Come riconosce al termine della giornata: «Per tutto quello che è successo», cioè per l’emergenza rifiuti, la giornata «ha un valore politico ancora più particolare».

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