nostro inviato a Piacenza
Sembra un po' di stare in un vecchio sketch di Corrado Guzzanti, quando diceva: «La risposta è dentro di te, epperò è sbagliata». Ecco, si potrebbe dire che dopo quella del «ma anche», è arrivata, inevitabile, la fase dell'«epperò». Perché Walter Veltroni le domande degli italiani le conosce fin troppo bene, dalla precarietà alla sicurezza non se ne perde una. Epperò le risposte, su 50 minuti a ogni comizio, le relega negli ultimi sette minuti e mezzo, e son vaghe, ché «i salari vanno aumentati» sì, ma con quali risorse? E ché «voglio un Paese dove non ci sia bisogno di conoscere il politico di turno per veder rispettati i propri diritti», bello, ma come si fa? Soprattutto, pesano quei 40 minuti e passa spesi a cercare di far sognare, dopo due anni e mezzo in cui al governo non è che ci fosse Silvio Berlusconi, c'era Romano Prodi, che ancora ieri Veltroni ha «ringraziato per l'impegno e la passione». Sono tante immagini che si rincorrono, nelle tappe numero 63-64-65, Pavia-Lodi-Piacenza, di un viaggio verso le urne che deve toccare ancora 45 province italiane. C'è Dolores Lazarini, 45 anni e una bimba di dieci per mano, che a Lodi se ne va scontenta: «Vorrei crederci ma non posso». C'è Santino Buscante, 65 anni professione tassista, che a Piacenza alla fine urla: «Questa manica di imbecilli ci crede, che questo qui è il nuovo! E i giovani, tutte queste belle parole sono per loro, che a loro ancora piace sognare». E c'è Paola Dordoni a Pavia, 20 anni e i sogni già infranti: «Il mio futuro non lo costruisco con le belle parole».
Sì, perché questa è, anche e soprattutto, la campagna elettorale delle belle parole, quante. Seguire i suoi comizi con chi li ascolta nelle piazze è un'esperienza che Veltroni dovrebbe fare. Pavia, piazza della Vittoria ore 11. Marcella Dellaporta ha «quell'età che una signora non può dichiarare sul giornale», la sessantina comunque è passata da un pezzo. Pendola da un piede all'altro. Veltroni racconta di quando sua madre gli disse: «Non entrare in quella pasticceria, il proprietario è un fascista che ha tradito il nonno...», e Marcella sospira: «Bene, ora sappiamo che sa cosa è stata la guerra». Il segretario del Pd insiste, mai più gli anni di piombo, «grigi come di pioggia e carichi di paura», e Marcella si spazientisce: «Ho un marito invalido, 450 euro di pensione e 350 di affitto, son venuta qui per sapere come pensa di aiutarmi, ma questo blatera solo». Lui non demorde, «serve più noi e meno io», e poi l'Africa, «ho visto i malati di denutrizione e i bambini soldato con gli arti tagliati». E Marcella se ne va. Non può andarsene Giancarlo Anzaghi, che sta sulla porta della rosticceria: «Oggi non si lavora niente». Votava a sinistra, lui, 30 anni che va a votare sinistra, ma adesso «sono deluso e indeciso, potrebbe anche dire qualcosa di più pratico, tanto ormai nessuno mangia più bambini e nessuno mette più la gente nei ghetti».
Non è che non ci siano gli entusiasti, tremila in ogni piazza per gli organizzatori, mille per le Questure, ma insomma bandiere e striscioni non mancano, quando scende dal palco e saluta tutti come se li conoscesse è un crescendo di autografi, mani tese, lui che per poco cade per terra dalla ressa che lo spinge e lo tira, lui che scherza, «ci vuole un fisico bestiale», sempre gentile e mai uno scatto di nervi, e sì che il sole brucia la pelata e l'abito sarebbe da strapparselo dal caldo. E non è che non ci provi, Veltroni, a metterci un po' di pepe. Sul G8 di Genova dice: «Vanno accertate eventuali responsabilità politiche, nessuna coscienza democratica può rimanere inerte di fronte alle notizie sugli episodi accaduti a Bolzaneto». Se la prende con il Pdl, «sono spaccati su tutto, dalla politica estera all'Alitalia». Tenta di metter zizzania dentro An: «Sulle candidature è stata presa regolarmente a schiaffoni, subendo i candidati voluti da altri. Del resto ognuno è artefice delle proprie macchinazioni».
E poi le promesse, il bollino rosa per l'occupazione femminile che nessuno capisce che cos'è ma vabbè, le infrastrutture che bisogna farle e metterci meno tempo, le indennità dei parlamentari vanno ridotte e, la frecciata è per Gianfranco Fini, pazienza se questa proposta «ha suscitato reazioni nervose che si sono poi rivelate un autogol, una martellata sulla fronte», e se lo dice lui sarà vero.
Solo che qui, nel viaggio al Nord che va conquistato, la sensazione è che gli indecisi restino tali, chi votava a sinistra è in piazza, chi non votava a sinistra fa shopping, prende un caffè, il pullman non lo segue neppure per curiosità. Così, a fine giornata resta senza risposta la domanda di una signora bionda che insegue il candidato premier: «Walter, ma come li convinciamo gli altri?».
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