Il web cambia tutto Vietare la tv ai bimbi ora non serve più

Mister Obama ha proibito alle figlie di vedere la tv. Sperando che nessuno ne faccia un problema di democrazia (capita sempre, con i presidenti degli Stati Uniti), è ovvio che si tratta di un problema pedagogico e formativo. Sul quale non mi trovo del tutto d’accordo con lui, anche se per mio figlio – più piccolo delle sue ragazzine - temo moltissimo la televisione.
La temo non tanto per la qualità e la tipologia dei programmi, che possono essere vigilati da un genitore o da chi bada al bambino (da non lasciare mai solo davanti allo schermo, certo.) La televisione è più temibile per la pubblicità, per la quale non c’è controllo che tenga: arriva all’improvviso, implacabile e suggestiva più dello stesso programma che si sta guardando. E poiché i piccoli consumisti crescono presto, già a quattro-cinque anni diventano vittime inerti della proposta commerciale quasi sempre legata ai loro programmi preferiti: orsacchiotti, giocattoli, mostri, puffi e quant’altro. Il programma diventa un’esca per costringerli a diventare tormentatori dei genitori, costretti all’acquisto da pianti e sensi di colpa. Mio figlio dunque ha diritto a pochissima televisione, mentre ha abbondante accesso a film in dvd accuratamente scelti da mamma e babbo.
So però che tutto ciò non potrà durare a lungo, che quando il bambino avrà l’età delle figlie di Obama sarà molto difficile – e addirittura sbagliato – tagliarlo fuori del tutto dalla comunicazione con i suoi coetanei, basata in gran parte su quanto vedono in tv. Sarà difficile, e certamente sbagliato, impedirgli di esplorare e conoscere un mondo che si offre soprattutto attraverso il piccolo schermo. Anzitutto perché “proibire”, e qui non parlo più soltanto della tv, deve essere sempre l’ultima arma, quella da usare quando tutte le altre non hanno funzionato: un po’ come la guerra nelle relazioni internazionali.
La proibizione provoca sempre, in un giovane essere umano normalmente pensante, lo stimolo a fare proprio la cosa proibita. Un mio amico d’infanzia mi raccontava, pochi giorni fa, che la sua vita è stata tormentata da un erotismo maniacale che un po’ l’ha rallegrato, ma di più gli ha frenato la carriera e poi distrutto la famiglia; lui attribuiva il proprio guasto caratteriale e comportamentale all’insistenza ossessiva con cui i genitori e i sacerdoti che l’hanno educato vigilavano sul suo “toccarsi”: “Non ti toccare” era la frase che si sentiva ripetere più spesso. Sarà pure una scusa del mio amico per giustificare una vita passata a cercare di alzar gonne, ma so benissimo che simili meccanismi – proibizione=comportamento opposto – hanno funzionato anche con me, su altre faccende. E le ragazze più sessualmente provocanti (diciamo pure più zoccole) che ho conosciuto, in genere provenivano da un’educazione severa, da nontivestirecosì e da scuole di suore. E’ un luogo comune, ma è vero.
Il parallelo sesso-tv non è casuale. A parte il feroce rincoglionimento, sono due gli argomenti che un genitore teme maggiormente per i propri figli abbandonati a se stessi davanti a uno schermo: sesso e violenza. Ma allora, mister Obama, la televisione non è il pericolo maggiore. Immagino che nemmeno il presidente degli Stati Uniti possa o voglia impedire ai propri virgulti di usare internet, che sarebbe come mutilarli e estraniarli dal mondo. Ebbene, internet ha in sé pericoli potenziali infinitamente maggiori di quelli della televisione: molto più sesso e molto più esplicito; molta più violenza e molto più crudele. Peggio ancora: è difficilissimo entrare in contatto diretto con un personaggio televisivo, mentre è molto facile per i navigatori di internet entrare in contatto fra loro. Da qui – è l’esempio più terrorizzante e più concreto – l’affollamento degli orrendi pedofili sul web: quando va “bene” alla ricerca di immagini; quando va malissimo alla ricerca di contatti che da virtuali possono presto diventare reali.
Dunque? Dunque, se proibire è una strada sbagliata, permettere è una strada pericolosa. Il meglio che si possa fare è offrire alternative. Giochi, svaghi, sport, e soprattutto la propria compagnia. E’ difficile, lo so.

Lo è per me, posso immaginare quanto lo sia per uno che di mestiere fa l’uomo più potente del mondo. Però, caro collega-babbo Obama, non risolverai molto proibendo. La storia del proibizionismo sull’alcol, negli anni Trenta, dovrebbe avere insegnato qualcosa ai presidenti americani.
www.giordanobrunoguerri.it

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