Come Bergman e Fellini, Orson Welles è regista di film molto citati e poco visti. Ai giovani cinefili, devoti a Leone e Tarantino, parrà loro - nella migliore delle ipotesi - uno «spirito della vigilia», visto che simmedesimava coi cattivi. Non era solo questione di personaggi: come interprete e regista, passò dallessere alfiere dellAmerica di Roosevelt a esule culturale nella Spagna di Franco, quando Hollywood gli aveva voltato le spalle.
Cè questo e molto altro in Orson Welles. Introduzione a un maestro di Paolo Mereghetti (Rizzoli, pagg. 190, euro 17). Per i critici americani, Quarto potere è il miglior film mai fatto: era lesordio di un venticinquenne. Che sia un bel film è indiscutibile, ma lo supera lopera di Welles quarantenne, Linfernale Quinlan. Quinlan è un reazionario, come Kane, ma è povero e agisce solo dintelligenza e dingiustizia. Facendo però giustizia. Nel ruolo di chiromante, Marlene Dietrich ne chiosa la morte così: «Era uno sporco poliziotto, ma a suo modo era un granduomo». Se cè un film che compendia come va il mondo, è questo; se cè un libro che compendia Welles, è questo.
Se volete inebriarvi ricordando registi mitici in tempi di cinema dozzinale, potete aprire lanno anche col saggio di Daniele Dottorini, Jean Renoir. Linquietudine del reale (Ente dello Spettacolo, pagg. 174, euro 12,90).
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