Tony Damascelli
Che ci fanno un olandese e un francese questa sera nel grande stadio di Parigi? Se la giocano, la champions league che interessa il resto dEuropa, Italia esclusa per colpa delleliminazione di Inter, Juventus e Milan? Non, per i motivi che si conoscono. Ma Franklin Rijkaard e Arsene Wenger cercano la gloria con le rispettive ditte, il Barcellona e lArsenal, i blaugrana di Catalogna e i cannonieri dellarsenale londinese. Bella gente se poi porta i cognomi di Ronaldinho o Henry, Fabregas o Etoo, Gilberto Silva o Messi, e gli altri in corteo.
Ma Franklin e Arsene sono due istantanee diverse dellalbum parigino, distanti nel modo di essere e di esistere. Basterebbe vedere il taglio dei capelli del tulipano che è venuto su nella sacca surinamese della città di Amsterdam, con gli annessi e connessi. E poi osservare il profilo prudente dellalsaziano che a Strasburgo veniva presentato come uomo di destra, pronto a entrare in politica ma presente a bordo campo con il messale tra le mani. Un mago gli predisse un futuro di margine: «Non guadagnerai mai dei bei soldi». Non si sa che fine abbia fatto lastrologo, si sa, invece, che Arsene Wenger ha messo assieme franchi francesi, yen giapponesi, sterline inglesi e ancora ha da incassare nella sua carriera. Franklin Rijkaard non ha mai frequentato gli stregoni, pur vivendo spesso nei vapori e fumi dellincenso, della cannabis, del tabacco che lo porta anche ad assumere sguardi sghembi. Non ha nemmeno sventolato la bandiera della politca on the road, distinguendosi dal suo sodale milanista e non soltanto, Ruud Gullit che di quello era diventato testimonial a richiesta. Diverso da Ruud, diverso da Marco, diverso da Johann, nomi che non hanno bisogno di altri dati anagrafici per capire di chi si parla e si scrive. I marinai olandesi regalano lamore ad ogni porto dove la loro nave attracca, poi consumata la notte, traslocano corpo e passione altrove. Rijkaard in Spagna ha dovuto ricominciare unaltra carriera, dopo aver ingoiato il cucchiaio di Totti nelleuropeo 2000. Ha incominciato un altro amore, dopo aver perso Carmen, la prima moglie e smarrito Lindsay, la figlia, riacciuffata poi nuovamente ad Amsterdam. Ma il Barcellona e Monique gli hanno riempito conto e cuore, carriera ed esistenza, dopo le antiche malefatte di campo, con gli sputi mondiali a Rudi Völler.
Arsene Wenger corre su circuiti senza chicane. Poteva darsi alla ristorazione, i suoi genitori erano i titolari de «A la Croix dor», In quel ristorante si ritrovavano giocatori e tifosi del Duttlenheim e lui sentiva parlare di gol e parate, un po meno di foie gras e Chablis. È fiero della sua terra dorigine, ha firmato assieme ad altri quattrocento alsaziani una carta per tutelare la lingua regionale e minoritaria. Roba che dalle nostre parti lo avrebbe messo allombra. Fu Aldo Platini, padre di Michel, a dargli la possibilità di incominciare la carriera di allenatore vero, nel 1984 a Nancy. Come calciatore Arsene aveva fatto cose ordinarie con il Mutzig, il Mulhouse, il Vauban prima di diventare professionista con lo Strasburgo. Dopo vennero gli onori, non analoghi a quelli di Rijkaard calciatore ma roba fine, anche in Giappone quando nella stagione 95/96 portò gloria al Nagoya Grampus Eight vincendo la coppa e la supercoppa del Giappone.
Vedendo giocare il Barcellona e lArsenal si può anche intuire chi siano i pittori del quadro. Larte funambolica di Ronaldinho è parte della personalità di Franklin Rijkaard, leleganza anche perfida di Titì Henry stava forse nel messale di Arsene Wenger.
E il totale dice che il Barcellona è una fetta di arancia olandese, così come lArsenal si porta appresso tutti i profumi francesi.
La finale di questa sera, dunque, è veramente una storia separata dei due allenatori. Non spacciano football, quando ne parlano in pubblico, non si travestono da pontefici. La partita non ha pronostico fisso, a parte laraldica di alcuni interpreti in campo.
Franklin e Arsene la loro partita lhanno già vinta.
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