Wilde, l’importanza di essere riabilitato

Niente veti, siamo inglesi. Niente veti neppure per Oscar Wilde (nella foto), lo scandaloso, il «sodomita», il provocatore. Quando lo scrittore finì sotto processo per la sua relazione con Alfred Douglas (vicenda che ci appare come una specie di spot ante litteram per gli odierni Pacs...), la sua sorte parve segnata: la condanna pronunciata dal giudice Wills suonava anche come un’espulsione dal giardino delle patrie lettere.
Invece no. Invece oggi, a quasi 107 anni dalla morte dell’autore del Ritratto di Dorian Gray (meglio tardi che mai, verrebbe da dire...), il ministro dell’Istruzione inglese, Alan Johnson, ha pensato bene di riaccogliere nell’Olimpo dei Grandi Autori quel bizzarro figliol prodigo che se ne andava in giro con un garofano verde all’occhiello. Anche gli studenti della scuola secondaria, ha spiegato il ministro, devono avere «una classica e completa formazione britannica». «È vitale - ha proseguito - che gli insegnanti trasmettano l’amore per la letteratura ai giovani favorendo il loro confronto con gli scrittori più amati della nostra storia». Lo sdoganamento di Wilde, finora bandito dai programmi scolastici, è stato annunciato dall’Independent. Non solo. Pare che le parole del ministro, lascia intendere il quotidiano, siano da interpretare quasi come un’imposizione che non mancherà di irritare gli insegnanti.
Pochi giorni fa il «Museums, Libraries and Archive Council», prestigiosa agenzia britannica, aveva stilato una singolare hit parade, quella degli scrittori dei quali i lettori millantano la conoscenza. Ebbene, fra i vari Tolkien, Tolstoj, Dickens e Dan Brown, non figura Wilde. Eppure i graffianti aforismi dell’irlandese sono quanto di meglio la letteratura anglosassone possa offrire, in tema di conversazioni salottiere. Disse, ad esempio, che «l’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedere ad essa». E tutti noi, in fondo, seguiamo questo dettato pur senza confessarlo. Ora il ministero dell’Istruzione inglese non ha saputo resistere alla «tentazione» di rivalutare il reprobo.

E non è detto che lui, dall’inferno dove si trova in esilio, se ne compiaccia.
Perché fra i suoi motti c’era anche questo: «Ogni volta che la gente è d’accordo con me, provo la sensazione di avere torto». Possiamo forse dargli torto?

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