Yemen, i 5 italiani liberati con uno stratagemma

Fausto Biloslavo

I cinque turisti italiani, rapiti domenica scorsa nello Yemen, sono stati liberati ieri mattina, grazie ad una brillante politica di bastone e carota utilizzata dal governo di Sana’a, dopo momenti drammatici in cui i sequestratori minacciavano di sgozzarli. L’incubo è finito per Patrizia Rossi, Enzo Bottillo, Piergiorgio Gamba, Maura Tonetto e Camilla Ramigni, presi in ostaggio da alcuni membri del clan Al Zaydi, che pretendevano il rilascio di otto familiari detenuti per una faida tribale. L’intervento armato di giovedì pomeriggio, con elicotteri e paracadutisti, aveva bloccato la liberazione degli ostaggi attraverso la mediazione di notabili locali, ma aperto una nuova possibilità di soluzione della crisi, anche se più pericolosa. I paracadutisti yemeniti hanno arrestato nella serata di giovedì quattro rapitori, che garantivano una specie di cintura di sorveglianza esterna alla prigione degli italiani ricavata in un misero ovile. Si tratta di Marey Alì al Amery, Muhammed Saleh Al Ufki al Zaydi e i fratelli Alì Saleh Al Zaydi e Abbad Al Zaydi, figli dello sceicco assassinato che ha originato la faida tribale.
Gli arrestati hanno fornito indicazioni sul luogo preciso dove gli ostaggi italiani erano guardati a vista da due guardiani. Nella notte l’assedio si è ulteriormente stretto attorno all’ovile-prigione, ma per evitare spargimenti di sangue le forze di sicurezza yemenite, avevano in serbo un asso nella manica. Dopo l’alba le truppe hanno scoperto facilmente il covo, ma le due guardie, oltre a minacciare di sgozzare gli italiani, sdraiati a terra in un luogo angusto, puntavano su di loro due kalashnikov con il colpo in canna e senza sicura.
Nella tipica tradizione araba è cominciata una bizantina mediazione durata due ore e mezza, ma ad un certo punto i governativi hanno calato l’asso. In elicottero è arrivato, tradotto in ceppi, il prigioniero più importante che i rapitori volevano scambiare con gli italiani. Si chiama Naji Salhe Al Zaydi ed è il figlio maggiore dello sceicco ucciso nella faida tribale, che ha dato origine al rapimento. Estradato dagli Emirati arabi uniti è accusato di aver ucciso un altro sceicco, che gli aveva ammazzato il padre. Non a caso due dei rapitori, che sarebbero stati arrestati, sono fratelli di Naji Saleh, che ha facilmente convinto i sequestratori rimasti a guardia degli italiani a consegnarsi. Il vero mediatore di questa operazione è l’influente e carismatico Muhammed al Zawahiri, presidente della commissione sicurezza del parlamento yemenita. Da parte del governo era arrivato sul posto anche il vice ministro degli Interni, il generale Muhammed Abdullah Al Qusy. L’unico dato ancora oscuro è se Naji Salhe Al Zaydi abbia ottenuto qualcosa in cambio del suo intervento, che si è rivelato fondamentale.
Con la resa dei rapitori gli ostaggi hanno potuto salire incolumi sull’elicottero, che li ha portati in tarda mattinata a Sana’a, dove li attendeva l’ambasciatore italiano Mario Boffo. Il nostro rappresentante diplomatico ha garantito che nessun detenuto è stato scambiato per gli ostaggi e che tutti i rapitori sono stati arrestati. I cinque italiani sono apparsi provati, con i vestiti sudici, ma felici di averla scampata. La più provata sarebbe Patrizia Rossi, la compagna di Enzo Bottillo. Il gruppo di turisti italiani rientrerà oggi in Italia, come previsto prima del sequestro. Il loro volo dovrebbe atterrare alle 14 a Fiumicino.
Il presidente Ciampi, informato della liberazione ha detto: «Magnifico: è stata una bella notizia di prima mattina, che ha reso più luminosa questa giornata». Anche il Papa, attraverso il portavoce del Vaticano, Joaquin Navarro Valls, ha espresso «sollievo per la liberazione degli ostaggi italiani nello Yemen e ringrazia Dio per il buon esito di questa dolorosa vicenda». Soddisfatto pure il presidente Berlusconi soprattutto «per la liberazione incruenta dei cinque ostaggi».

In un messaggio diretto al collega Abubakr al-Qirbi, il ministro degli Esteri Fini rileva che la «felice conclusione della vicenda, seguita in questi giorni con grande attenzione dall'opinione pubblica italiana» è stata «il frutto del costante impegno del Governo yemenita teso a coniugare l'esigenza prioritaria di assicurare l'incolumità fisica degli ostaggi con la necessità di contrastare la piaga dei sequestri».

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