Zaia, discorso in veneto al vertice «Niente di strano, è la mia lingua»

Il ministro incontra i pescatori: «Così ci si capisce meglio»

da Milano

Adeso che xe diventà ministro, hanno pensato tutti, parlerà anche lui «l’italiano della politica». Ringrazierà i presenti, citerà «mille dati a memoria», e dirà altrettante «frasi difficili». L’incontro, venerdì alla prefettura di Treviso, era «ufficiale» e delicato. Da una parte i rappresentanti della Marineria veneta, i pescatori in agitazione per il caro gasolio. Dall’altra Luca Zaia, ministro per le Politiche agricole, fino a due mesi fa vicegovernatore del Veneto (con delega alla pesca), e prima ancora presidente della Provincia di Treviso. Ebbene, ha esordito il leghista di governo, «Quando tutti i zorni se incrosemo per e strade dee nostre cità e dei nostri paesi, se saludemo e parlemo veneto. Cossa disè se anca ancùo parlemo eà nostra lingua?».
Tradotto, in sintesi: «Cosa ne dite se parliamo in veneto, la nostra lingua?» Il motivo, ha spiegato Zaia, è che «cussì, sò sicuro, se capiremo mejo». Così ci si capisce meglio, da queste parti. E infatti tutti hanno fatto sì con la testa. Anche quando il ministro ha messo le cose in chiaro: «El novo ministro parla co tuti: no xe nesesario blocar i porti per farse ricever. Ve èo digo co amisissia». Ovvero: «Il nuovo ministro parla con tutti, non serve bloccare i porti per farsi ricevere. Ve lo dico con amicizia».
Il discorso integrale in dialetto è finito sulla prima pagina della Padania. Eppure lui, el ministro, non vede proprio dove sia la notizia: «Credo sia normale parlare la mia lingua quando sono nella mia terra – spiega –. Il veneto ha mille anni di storia, per secoli è stata la lingua ufficiale dei trattati e della diplomazia nel Mediterraneo». Guai a usare con lui la parola «dialetto», anche a costo di fare ripetizioni. «Se proprio volete farmi fare una battuta, io mi rimando a una massima dell’imperatore Adriano: “Le incisioni sui miei monumenti saranno in latino, ma io ho sempre pensato in greco”. Ecco, io ho sempre pensato in veneto, come oltre tre milioni di persone: giovani e anziani, operai e professionisti, contadini e docenti universitari. La mia non è una battaglia di retroguardia, il folklore non c’entra».
Comunque la si pensi, Zaia l’ha presa davvero sul serio. Sua la battaglia che ha portato la Regione, un anno fa, a riconoscere lo status di «lingua» del veneto. Suo il piano da 250 mila euro per il sostegno dell’idioma, che prevede un programma informatico per la traduzione inglese-veneto (si chiama «StilVen», omaggio forse involontario a Dante), una commissione di esperti per «la corretta definizione della grafia» e in futuro anche cartoni animati doc (senza sottotitoli).
A proposito, ricorda Zaia, «il veneto si parla anche in Croazia e in molte aree dell’America latina».

Ai pescatori, il ministro ha annunciato che «so drio lavorar a un incontro da far a Venessia coi ministri francese, spagnoeo, grego e portoghese». Scusi, ma con loro come farà? «Guardi che io di lingue ne parlo quattro, compresi l’inglese e lo spagnolo».

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